Testimonianza di Carlo Venegoni
Una serie di colpi inferti nel
dicembre 1944 dai tedeschi e dai fascisti
all'organizzazione clandestina di Genova avevano
costretto il P.C.I. a rinnovare gran parte dei propri
quadri e ad affidare maggiori responsabilità a molti
compagni provenienti da altre province. Dopo la mia fuga
dal campo di concentramento di Bolzano e la morte di mio
fratello Mauro, barbaramente trucidato dalle Brigate
Nere, nell'impossibilità di svolgere una proficua
attività clandestina a Milano, il Partito mi aveva
mandato a Genova verso la metà del gennaio 1945. Ero
entrato nella Segreteria della Federazione Comunista
Genovese con l'incarico di dirigere l'attività dei
Comunisti nelle organizzazioni di massa. Questa
attività si svolgeva:
- nel Fronte della Gioventù, diretto dal compagno
Aldo Tortorella, venuto da Milano,
- nei Gruppi di Difesa della Donna, diretti dalla
compagna Adriana di Rivarolo e da due compagne di
Savona;
- nei Comitati sindacali di agitazione diretti dal
compagno Aglietto di Savona.
Ero inoltre incaricato del
coordinammento dei settori di partito di Genova centro,
diretti dai compagni Rabolini, Levati e altri. Infine
mantenevo un collegamento permanente con i comandanti
delle Brigate S.A.P. del centro cittadino.
I guasti provocati dagli arresti e
dalle deportazioni dei mesi precedenti anche
nell'organizzazione dei Comitati di Agitazione aziendali
ci imponevano un grande sforzo per rinnovare e
rafforzare tutta la struttura di questi preziosi
organismi. Puntammo anzitutto sui nostri punti di forza:
i tranvieri, i ferrovieri, i portuali, gli stabilimenti
Ansaldo e San Giorgio e gli altri complessi industriali
di Sampierdarena e di Sestri Ponente.
Lo sforzo organizzativo si collegava
naturalmente con l'intensificarsi delle agitazioni di
massa per le rivendicazioni immediate: riduzione
dell'orario di lavoro, maggiori salari, miglioramenti
per le mense e rifornimenti di viveri e di combustibili,
ecc.
In questa attività si inseriva un
vasto sforzo di propaganda, con giornaletti, volantini,
e rapide riunioni, che ribadivano il nostro impegno di
prepararci al grande sbocco ormai prossimo:
l'insurrezione popolare.
La ripresa dell'attività dei
Comitati di Agitazione consentiva altresì di superare
certe lentezze di decisione provocate dalla presenza nei
Comitati di Liberazione aziendali di diffuse tendenze
attendiste, e ci permetteva di ricostituire più
facilmente una preziosa unità nell'azione delle masse.
Nel mese di marzo, nel Comitato di
Agitazione cittadino, composto dai comunisti Venegoni e
Aglietto, dal socialista Alessi (subentrato al compagno
Petrocchi arrestato), dal democristiano Pallenzona e dal
sindacalista anarchico Mariani, qualcuno si opponeva
ancora alla preparazione dello sciopero generale;
sostenendo che dovevamo limitarci a organizzare le
nostre forze e ad attendere l'arrivo degli alleati. Per
fortuna queste posizioni trovarono sempre meno credito e
seguito tra le masse lavoratrici, e Genova deve la
salvezza del suo porto, dei suoi maggiori impianti
industriali e della stessa città, di cui i tedeschi
avevano predisposto la distruzione, alla combattività e
al valore con cui i lavoratori genovesi e i partigiani
si sono battuti in quest'ultima decisiva battaglia.
Intanto, alla fine di marzo e ai
primi di aprile, si andavano moltiplicando le riunioni e
i convegni dei Comitati di Agitazione. Fra le riunioni
più importanti ricordo quella dei lavoratori del porto
e quella dei tranvieri, tenutasi ai primi di aprile. Si
prendevano misure per intensificare la preparazione
dello sciopero generale e per la salvaguardia degli
impianti minacciati.
Per vincere le ultime resistenze
interne, si decise infine di convocare a Sampierdarena
per l'8 aprile la conferenza cittadina dei Comitati di
Agitazione. In tutto quel periodo, e in particolare per
l'organizzazione della Conferenza, fu preziosa
l'attività svolta dal compagno Acquarone. Vecchio
militante comunista, per tanti anni perseguitato dai
fascisti, metteva nel suo lavoro l'esperienza del
vecchio combattente, unita ad un grande entusiasmo e a
una tenacia tipicamente genovese.
La conferenza, tenuta 1'8 aprile nel
saloncino di un oratorio di Sampierdarena, è un
avvenimento del tutto degno delle gloriose tradizioni
del movimento operaio e democratico genovese. Una
cinquantina di presenti, rappresentanti le più
importanti tendenze della resistenza, le maggiori
categorie di lavoratori e i complessi industriali di
tutta Genova.
Dopo una mia rapida relazione, che
fissava le tappe ravvicinate per garantire il successo
dello sciopero generale insurrezionale, decine di
interventi a sostegno di questa linea e infine la
decisione unanime: sciopero generale per il 23 aprile.
I 15 giorni dall'8 al 23 aprile
restano tra i migliori ricordi della mia lunga vita di
militante. Non potrò mai dimenticare lo slancio, il
coraggio e il fervore con il quale migliaia di modesti
lavoratori portarono avanti con entusiasmo la
preparazione del grande evento. Sono convinto che la
stessa insurrezione vittoriosa del 23 aprile deve la
grande partecipazione popolare anche a questa
preparazione di massa.
Nei giorni seguenti si presero anche
una serie di decisioni per la rinascita del movimento
sindacale in Italia, si scelse la sede della Camera del
Lavoro, si nominò una segreteria provvisoria con
Venegoni segretario responsabile, affiancato da De
Franceschi socialista e da Pallanzona per la Democrazia
Cristiana.
Lascio ad altri il racconto
dell'insurrezione vittoriosa, di cui fummo tra i
protagonisti.
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