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sabato, 27 febbraio 1999 |
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VIZI CAPITALI |
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Perry Mason |
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e l'Opa |
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Dario Venegoni |
Nell'era della globalizzazione vince il mercato. Il che vorrebbe
dire, in teoria, che una società quotata in Borsa ha il prezzo che si merita, e
che chi ha i soldi, se lo ritiene opportuno, può cercare di comprarsela
offrendo il giusto agli azionisti. Nella pratica mi pare non funzioni così.
All'Opa della Tecnost-Olivetti sulla Telecom non ha replicato un rilancio di
qualcun altro, e poi magari di un altro ancora: sono bastate due cartelline di
Guido Rossi inviate alla Consob, e l'Opa è stata momentaneamente congelata. In
casa Gucci all'attacco di Arnault ha replicato l'autoscalata dei manager.
Contrattacco di Arnault? Niente affatto: anche qui scendono in campo gli
avvocati. Per il futuro fateci un favore: per consentirci di decidere come
schierarci nelle prossime guerre finanziarie, indicate nel prospetto anche da
che parte sta Perry Mason, così viaggiamo informati anche noi.
Stipendi in altalena. Il presidente della Fiat Paolo Fresco
ha rivelato che la sua retribuzione è vincolata alla quotazione in Borsa del
titolo: "Se cala del 10% guadagno il 10% in meno". È una buona idea.
Stando alle variazioni del solo 1999, in questo modo a festeggiare sarebbero
soprattutto Carlo Caracciolo (Espresso), che avrebbe un assegno incrementato del
48%; Giancarlo Elia Valori (Autostrade) con un +60%; più di tutti Paolo Panerai
(Class) con un ricco +241%. Sul fronte opposto sarebbero in molti a leccarsi le
ferite: Alfonso Desiata (Alleanza) avrebbe uno stipendio tagliato del 18%; Luigi
Orlando (Gim) e Leopoldo Pirelli (Pirellina) del 15; Francesco Cingano
(Mediobanca) del 13.