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Motivazione della Medaglia d’Oro al Valor Militare alla memoria di Mauro Venegoni:
“Venegoni Mauro, nato a Legnano (Milano) il 4 Ottobre 1903. Ardente patriota era tra i primi a costituire le formazioni partigiane nella sua zona partecipando con esse per oltre un anno a numerosi combattimenti, sempre distinguendosi per capacità e coraggio. Catturato veniva sottoposto alle più atroci torture, ma nulla rivelava che potesse tradire i commilitoni e la Resistenza. La sua indomabile fede non veniva scossa nemmeno allorché il nemico ne straziava barbaramente il volto ed il corpo, accecandolo prima e poi uccidendolo. Luminoso esempio di sublime sacrificio e di ardente amor di Patria. Valle Olona – Busto Arsizio, 8 Settembre 1943 – 31 Ottobre 1944“.
Il 25 ottobre 1945, a un anno quasi esatto dal martirio di Mauro, il corpo martoriato del caduto viene accompagnato con un interminabile corteo a Busto Arsizio e infine a Legnano, dove viene sepolto nel campo del cimitero riservato ai partigiani. Il feretro è seguito da un’enorme folla, in un clima di vivissima emozione. Diversi decenni dopo prima Pierino (scomparso nel 1965) e poi Carlo (morto nel 1983) saranno sepolti accanto al fratello ucciso dalle camicie nere
Sul luogo dove il corpo martoriato di Mauro fu abbandonato, sulla strada tra Cassano Magnago e Legnano, sorge un cippo commemorativo. Tutti gli anni, nella domenica più vicina al 31 ottobre, centinaia di persone si ritrovano in una manifestazione unitaria antifascista.
“Mussolini? Non ha mai ammazzato nessuno.
Al massimo mandava la gente a fare vacanza al confino“
Silvio Berlusconi, settembre 2003
Nelle lettere ai fratelli, Mauro minimizza le difficoltà della sua vita di internato, ma il resoconto che fa della sua vita non lascia molto spazio ai dubbi. Impossibilitato a lavorare, il recluso è costretto a vivere con un sussidio di 6,50 lire al giorno, che non gli garantisce neppure il minimo indispensabile. Ed è costretto ad attingere alle sue povere riserve, e in particolare alla liquidazione che la Caproni – fabbrica milanese di aerei – è stata infine costretta a versargli, dopo averlo licenziato a causa dell’arresto. Così Mauro scrive il 10 novembre 1940 al fratello Guido:
“Io qui continuo a star bene e la salute è ottima. Come già saprai, mi passano £ 6,50 al giorno di ‘mazzetta’ e con queste sono abbonato a due pasti – mezzogiorno e sera -. al Ristorante Nettuno – il quale pasto si compone di una minestra (una fondina) e di una piccola (o polpetta, o spezzatini, o pesce o formaggi o altro, con qualche po’ d’insalata) e un pezzo di pane. Io ora son fortunato che dispongo della liquidazione della Caproni la quale mi servirà per 5-6 mesi ancora a integrare quello che è indispensabile per il nutrimento normale. Spendo in media £ 3 – 3,50 al giorno, compero qualche cosa per far colazione alla mattina, perché a stare dalle ore 18 della sera fino al mezzogiorno del giorno avanti senza ingerire nulla nello stomaco è troppo lunga; fumo per 1 lira al giorno di sigarette e prendo un quarto di vino per pasto, di modo che vengo a spendere (a stare bene abbottonati) una media di 100 lire al mese dei miei.
“Questo mi aiuta molto a stare in salute. Quando saranno finiti… pazienza!”
Per vent’anni Pierino Venegoni fu presidente della sezione dell’ANPI di Legnano, intitolata al fratello Mauro, trucidato nel 1944 dalle Camicie nere. In questa immagine vediamo la sua firma in calce alla tessera dell’Associazione partigiana , rilasciata nel 1947 al fratello Carlo.
Guido (a sinistra, con il berretto), Carlo (al centro) e Pierino (a destra della foto) guidano nei primi giorni di maggio del 1945 la sfilata della liberazione che attraversa la loro città, Legnano. Nel tripudio generale sembrano quasi non gioire della ritrovata libertà che pone fine a un intero ventennio di persecuzioni e di privazioni: sono passati solo 6 mesi dall’uccisione di Mauro, e il ricordo di tutti va al fratello selvaggiamente torturato e poi ucciso dalle camicie nere. Al termine del corteo Carlo parlerà nella piazza principale della città: la prima esperienza di democrazia dopo la lunga notte della dittatura.
L ’11 novembre 1944, in mattinata, nella trattoria del “Valentino”, nei pressi della stazione tranviaria di Vimercate, fummo arrestati io, Guido Venegoni (“Rai”) ed Eliseo Galliani (“Leo”, “Andrea”), classe 1911, di Biassono. Io ricordo benissimo che quell’appuntamento fra noi era stato fissato per esaminare la situazione dell’organizzazione militare della 103a brigata, in quanto dovevano essere sostituiti i due comandanti. La mia presenza era giustificata: in quanto dovevo accompagnare all’appuntamento Guido Venegoni, che era sfollato, sotto falso nome, a Cavenago di Brianza, in via Garibaldi.
Mentre Guido Venegoni ed Eliseo Galliani stavano consultando su un foglio lo schema della nostra brigata, il padrone del negozio ci avvisò che stavano avvicinandosi i fascisti. Si fece appena in tempo a buttare il foglio sul fuoco del camino, che nel locale entrarono i militi della Guardia Nazionale Repubblichina di Vimercate, dichiarandoci in arresto. Il padrone dell’osteria fece anche in tempo ad avvisare del pericolo due partigiani che stavano per recarsi all’appuntamento: uno di loro (nome di battaglia “Rossi”), commissario di tutta la zona e il partigiano “Gigi” Radaelli di Trezzo d’Adda.
Noi tre fummo portati nella Caserma di Vimercate, ove iniziarono gli interrogatori di riconoscimento. In cella, il Galliani mi passò un caricatore intero che aveva ancora con sé; io lo infilai in uno dei miei scarponcini e, dopo aver chiesto di andare ai servizi lo gettai nello scarico. Anche il Venegoni fece sparire dei bigliettini compromettenti, sminuzzandoli e masticandoli. Il Venegoni era da pochi mesi che operava nel Vimercatese (proveniva da un’altra zona, sotto il falso nome di Aldo Frigerio). In caserma i fascisti scoprirono che era di Legnano e fratello di Mauro Venegoni trucidato dai fascisti qualche settimana prima.
A Vimercate siamo stati prelevati dal capo della brigata nera “Montagnoli” di Legnano per essere là fucilati, per rappresaglia, nella Piazza San Magno. Due o tre giorni prima della cattura, un commando di partigiani aveva attaccato diversi posti di blocco a Legnano, a Rho e a Nerviano. A tali azioni aveva partecipato anche il gappista Alberto Gabellini. Nella caserma di Legnano abbiamo sentito i fascisti che dicevano di essere stati informati che tra noi c’era un “colonnello” dei partigiani.
A Bolzano uomini e donne diventavano numeri. Questi sono il triangolo rosso di deportata politica e il numero di matricola di Ada Buffulini, che nel dopoguerra diverrà la moglie di Carlo Venegoni. L’originale, ritrovato recentemente dopo decenni, si trova ora presso l’Archivio della Fondazione Memoria della Deportazione di Milano.
GUARDIA NAZIONALE REPUBBLICANA
Comando Provinciale di Milano
N. 12275/RS/S. di Prot.
U.P.I.
Milano, 2 settembre 1944 XXII
Oggetto: denuncia
Indirizzi Omessi
Questo ufficio Politico Investigativo
Premesso
che in una perquisizione eseguita nella tipografia “LA MILANESE” in Milano, via Carlo Farini 5, si rinvenivano, provvedendo al loro sequestro, giornali e stampe sovversive nonchè licenze per militari, permessi di circolazione “Z” per autoveicoli e clichès con stampigliature” di caratteri sovversivi;
che si provvedeva quindi al fermo di tali POZZOLI Enrico, proprietario della tipografia, COLOMBO Ambrogio, operaio addetto, e GIUDICI Carlo, operaio della FALCK;
che il POZZOLI ha ammesso di aver provveduto, sin dal 10 settembre I943 e di comune accordo col suo operaio COLOMBO Ambrogio, alla stampa nella sua tipografia, per incarico di un certo ROSSI non meglio identificato di alcuni numeri dei giornali “IL LAVORATORE”, “IL COMBATTENTE”, “L’UNITA”, l’opuscolo “I PRINCIPI DEL LENINISMO”, nonchè “Z” false per la circolazione degli autoveicoli e fogli di licenza falsi per militari; e, per conto sempre del ROSSI, il POZZ0LI avrebbe dovuto stampare blocchetti di ricevute del P.C.I .(Partito Comunista Italiano), libretti di viaggio per autoveicoli, nonchè tessere annonarie per tabacchi;
che il GIUDICI Carlo si rivelò poi in effetti come VENEGONI Carlo di Legnano, ex membro del comitato direttivo della Camera del Lavoro di Torino, già condannato dal Tribunale Speciale per la difesa dello Stato e già internato politico,
Denuncia
a codesta Direzione di Polizia Politica:
POZZOLI Enrico fu Francesco e fu Restelli Luigia nato a Niguarda il 19 febbraio 1895, coniugato, con due figli, tipografo, ariano, cattolico, domiciliato a Triuggio (fra. Zuccone) con tipografia in via Carlo Farini,5,
COLOMBO Ambrogio, di Angelo e di Lunghini Paolina, nato a Milano il 29.10.1911, coniugato con 1 figlio, tipografo, ariano, cattolico, domiciliato a Milano in via A. Volta 19,
VENEGONI Carlo di Paolo e di Stefanetti Angela, nato a Legnano il 7.5.902, residente a Legnano in via Magenta 41, falegname , celibe, ariano, cattolico, condannato politico,
colpevoli tutti dei reati previsti e puniti dagli art. 305, 110, C.P. 144 C.P.M.G., e dagli art. 249, 266, 270, 82, 81 e 58 C.P., per essersi associati onde cospirare politicamente, per aver concorso reati di diserzione stampando licenze false per militari, per aver concorso stampando appositi blocchetti al sovvenzionamento delle bande armate operanti contro la Repubblica Sociale Italiana, per avere, mediante la stampa delle licenze, agevolato militari a disobbedire alle leggi, per avere concorso nel reato di costituzione ed organizzazione di associazioni sovversive, per avere inoltre contraffatto documenti di autorizzazione per la circolazione di autoveicoli e per avere infine stampato clandestini fogli sovversivi; il tutto con l’aggravante della continuazione.
Gli stessi sono stati associati al locale carcere giudiziario a disposizione di codesta Direzione di Polizia Politica e, quali elementi colpevoli in linea politica e pericolosi per la sicurezza interna, vengono proposti per l’invio in un campo di concentramento.
Si propone che gli imputati vengano nuovamente sottoposti a interrogatori da Codesta Direzione onde cercare di apprendere la vera identità del Rossi che al Pozzoli risulterebbe sconosciuto.
Si allegano i verbali degli interrogatori degli imputati, nonché stampa sovversiva e fogli manoscritti ulteriormente rinvenuti, da aggiungersi ai corpi di reato già depositato presso codesta Direzione.
IL DIRIGENTE L’UFFICIO POLITICO INVESTIGATIVO
F/to Magg. Bossi Ferdinando
IL DIRIGENTE L’UFFICIO POLITICO INVESTIGATIVO
F/to Magg. Bossi Ferdinando
p. c. c.
Il Questore
(Firma illeggibile e timbro della Questura Repubblicana Milano)
Originale presso l’Archivio di stato di Milano, Fondo Gabinetto di Prefettura, II Versamento, cartella 401
Uno dei messaggi scritti dall’interno del campo di Bolzano da Ada Buffulini, per lunghi mesi coordinatrice del comitato clandestino di resistenza. Ada, medico, era assegnata all’infermeria del Lager e godeva di una relativa libertà di movimento. Conosceva molto bene il tedesco, e questo le facilitava i rapporti con la gerarchia del campo. Per mesi, dal settembre 1944 al gennaio 1945 ha organizzato dall’interno l’invio di viveri e indumenti agli internati più bisognosi (i pacchi di cui si parla anche in questo biglietto), specie in vista dei trasporti verso la Germania (“la partenza” cui si fa cenno all’inizio del messaggio).
Scoperta l’organizzazione i suoi componenti più in vista furono richiusi nelle “celle”, il carcere del Lager, in vista della deportazione in Germania. I bombardamenti alleati sulla linea del Brennero interruppero però i collegamenti ferroviari col nord, e Ada restò nelle famigerate celle fino alla liquidazione del Lager, tra la fine di aprile e i primi di maggio del 1945.
I messaggi di Ada erano indirizzati a Ferdinando Visco Gilardi (nome “di battaglia”: Giacomo), che dall’esterno coordinava l’attività di assistenza. Visco Gilardi fu a sua volta arrestato, torturato e rinchiuso nelle celle. Ma aveva nascosto in luogo sicuro i biglietti ricevuti da Ada, da Laura Conti e dagli altri coraggiosi animatori del comitato clandestino. In questo modo questa straordinaria corrispondenza è giunta fino a noi.Scoperta l’organizzazione i suoi componenti più in vista furono richiusi nelle “celle”, il carcere del Lager, in vista della deportazione in Germania. I bombardamenti alleati sulla linea del Brennero interruppero però i collegamenti ferroviari col nord, e Ada restò nelle famigerate celle fino alla liquidazione del Lager, tra la fine di aprile e i primi di maggio del 1945.
Anche dall’interno del campo di Bolzano, Carlo riesce a mantenere i collegamenti con il suo gruppo, a Legnano, attraverso un fitto scambio di biglietti affidati a deportati che andavano a lavorare all’esterno. Costoro, con grandissimo rischio personale, eludendo la sorveglianza delle SS, consegnavano i biglietti clandestini a lavoratori liberi, e questi infine li recapitavano a chi di dovere. Grazie a questi contatti Carlo organizza in poche settimane la propria fuga.
Il piano è apparentemente semplicissimo. Ma in caso di fallimento, come molti drammatici episodi hanno dimostrato, la pena è la tortura e la morte per mano degli aguzzini del Lager.
La foto segnaletica di Mauro, scattata nei locali della Questura al momento dell’arresto, mostra un giovane precocemente invecchiato. Mauro dimostra più dei suoi 29 anni scarsi. Le privazioni, il durissimo lavoro, la lunga clandestinità lo hanno logorato.
ALL’UFFICIO DI PUBBLICA SICUREZZA DI LEGNANO
In esito al foglio sopradistinto comunicasi che l’individuo in oggetto risulta di buona condotta morale. Non così può dirsi per la condotta politica, in quanto risulta uno dei più ferventi comunisti di Legnano, e tale sua idea tuttora ostinatamente e apertamente professa.
Occultamente svolge attiva propaganda sovversiva fra i suoi compagni di fede. È individuo molto scaltro, sfugge sempre alla sorveglianza degli Agenti della forza pubblica ed alle responsabilità penali in virtù soltanto della sufficiente scaltrezza di cui è dotato.
È nemico acerrimo del Regime e del Governo Fascista, contro il quale esercita una intensa propaganda.
Di mestiere lattoniere potrebbe lavorare a Legnano, magari anche per proprio conto, ma preferisce emigrare e lavorare in grandi stabilimenti ove, essendo meno vigilato – perché poco conosciuto alla Polizia – può svolgere intensa propaganda fra la numerosa massa operaia.
È politicamente individuo veramente pericoloso all’Ordine Nazionale, e quindi si esprime parere favorevole affinché venga assegnato al confino, giusta il disposto dell’Articolo 184 della nuova legge di Pubblica Sicurezza.
IL TENENTE
COMANDANTE DELLA TENENZA
(Amisano Giuseppe)
Carlo e Ada si impegnano immediatamente in una attività clandestina di resistenza: nel comitato lei rappresenta il PSI e lui il PCI. Con loro ci sono anche il rappresentante cattolico e quello liberale, come nel CLN. Attraverso un fitto scambio di corrispondenza, gestito a rischio della vita da un nutrito gruppo di persone, l’organizzazione clandestina interna tiene i collegamenti con Ferdinando Visco Gilardi, che coordina l’attività di assistenza da fuori su incarico del CLN di Milano.
Il libro matricola di San Vittore, conservato in originale all’Archivio di Stato di Milano, spiega passo passo il tragitto – davvero brevissimo – che un detenuto politico italiano compiva dall’arresto ad opera delle autorità repubblichine alla partenza per i Lager nazisti. Carlo, si legge, è stato arrestato a Milano il 28 agosto ’44 e fino al 3 settembre è stato trattenuto dall’UPI – l’Ufficio Politico Investigativo. Il 3 settembre è entrato a San Vittore e immatricolato col numero 5627. Il 6 settembre, “in seguito a un ordine del Comando Tedesco” è trasferito a disposizione della Gestapo nel reparto tedesco. Basta, i repubblichini avevano esaurito il loro compito, e da quel punto in avanti si disinteressavano del detenuto.
Risposto al foglio N° 239 dell’11 Dicembre 1926
Oggetto: Mauro Venegoni di Paolo e di Stefanetti Angela
ALL’UFFICIO DI PUBBLICA SICUREZZA DI LEGNANO
In esito al foglio sopradistinto comunicasi che l’individuo in oggetto risulta di buona condotta morale. Non così può dirsi per la condotta politica, in quanto risulta uno dei più ferventi comunisti di Legnano, e tale sua idea tuttora ostinatamente e apertamente professa.
Occultamente svolge attiva propaganda sovversiva fra i suoi compagni di fede. È individuo molto scaltro, sfugge sempre alla sorveglianza degli Agenti della forza pubblica ed alle responsabilità penali in virtù soltanto della sufficiente scaltrezza di cui è dotato.
È nemico acerrimo del Regime e del Governo Fascista, contro il quale esercita una intensa propaganda.
Di mestiere lattoniere potrebbe lavorare a Legnano, magari anche per proprio conto, ma preferisce emigrare e lavorare in grandi stabilimenti ove, essendo meno vigilato – perché poco conosciuto alla Polizia – può svolgere intensa propaganda fra la numerosa massa operaia.
È politicamente individuo veramente pericoloso all’Ordine Nazionale, e quindi si esprime parere favorevole affinché venga assegnato al confino, giusta il disposto dell’Articolo 184 della nuova legge di Pubblica Sicurezza.
IL TENENTE
COMANDANTE DELLA TENENZA
(Amisano Giuseppe)