Pierino Venegoni
Volontà d’acciaio sotto un sorriso
Nato a Legnano il 16 luglio 1908, morto a Legnano il 6 novembre 1975.
Operaio, assunto nelle fabbriche legnanesi già da ragazzino, partecipa con i fratelli maggiori Carlo e Mauro alla vita dell’organizzazione comunista della sua città. Di carattere aperto e ribelle, è insofferente verso ogni disciplina e a ogni regola dettata dal regime fascista. Arrestato il 1° luglio 1927 per attività antifascista insieme al fratello Mauro e a un gruppo di una ventina di comunisti legnanesi, è deferito al Tribunale Speciale. Al processo è assolto per mancanza di prove, e liberato il 30 settembre 1928, dopo ben 15 mesi, dopo aver compiuto vent’anni in carcere. Tornato a Legnano è oggetto di ripetute aggressioni da parte dei fascisti locali, e fermato ogni volta che un gerarca del regime passa dalle parti di Milano.
Tenta di espatriare come il fratello Mauro, ma i suoi documenti falsi vengono scoperti, e lui nuovamente arrestato. Rimesso in libertà è inviato sotto le armi. Quando torna a Legnano torna a fare l’operaio e l’ambulante, insieme al padre, conducendo un’esistenza ai limiti della miseria.
Nel frattempo tiene un minimo di contatti con gli antifascisti della sua città.
Il 1° aprile 1932 è arrestato nuovamente insieme a un folto gruppo di giovani antifascisti che si erano radunati attorno a lui, in assenza dei fratelli Carlo e Mauro (il primo in carcere da diversi anni, il secondo all’estero).
Il gruppo raccolto attorno a Pierino morde il freno e non risparmia qualche battuta polemica all’organizzazione comunista clandestina, accusata di eccessivo attendismo. Arrestati in massa nel corso di una riunione notturna, i giovani organizzati da Pierino sono liberati solo un mese dopo, il 13 maggio 1932.
Interrogatori e evasione
Dopo l’8 settembre Pierino è con i fratelli alla testa del movimento partigiano della sua zona, e si distingue in numerose occasioni per coraggio e determinazione. Fermato il 5 agosto 1944, è portato a Milano in via Rovello, dove per 10 interminabili giorni viene sottoposto a pesantissimi interrogatori dai torturatori della “Muti”, che però non riescono a strappargli alcuna indicazione né sui fratelli, né sulla loro organizzazione.
Visti inutili i loro tentativi, gli assassini della Muti lo consegnano ai tedeschi, che lo deportano in Germania, nel campo di lavoro forzato di Jikdorf dal quale riesce a fuggire solo negli ultimi giorni della guerra, per rientrare a piedi in Italia. A Verona, come in un film incontra il fratello Guido, che era andato con una macchina a cercarlo. I due rientrano a Legnano il 6 maggio 1945, in tempo per partecipare alla grande sfilata della Liberazione.
Nel dopoguerra Pierino riprende il suo posto di operaio all’Unione Manifatture di Legnano, e infine prende in gestione un bar. Dal ’45 fino alla morte sarà presidente della locale sezione dell’ANPI, intitolata alla memoria di Mauro. Le sue spoglie sono sepolte nel cimitero di Legnano accanto a quelle dei fratelli Mauro e Carlo.