VIZI CAPITALI

Dario Venegoni

6 febbraio 1999
Mercato e Guinness dei privati

13 febbraio 1999
Cartelli in TV e regali ai PC

20 febbraio 1999
Seat, le pagine d’oro

27 febbraio 1999
Parry Mason e l’Opa

6 marzo 1999
Riarmo anticrisi e hamburger pronti al decollo

13 marzo 1999
Cardinale e i tempi rapidi

20 marzo 1999
Olivetti, scalate e Caterpillar

27 marzo 1999
Il pulpito dell’onorevole

3 aprile 1999
Banche e tempi lunghi

10 aprile 1999
Nucleo stabile e strani silenzi

17 aprile 1999
Credito, trasparenza e dolori

24 aprile 1999
La lingua della finanza? Il tedesco

1 maggio 1999
Assemblee societarie? Spunta finalmente il diritto di critica

8 maggio 1999
Affinità elettive, fusioni bancarie e giochi di potere

15 maggio 1999
Draghi e la rivincita dei patti

22 maggio 1999
Opa alla prova: tante scorrettezze. La legge ha bisogno di modifiche

29 maggio 1999
Telecom, tour de force di approvazioni

5 giugno 1999
Collocamenti, la severità con i piccoli

12 giugno 1999
Fiat e modifiche dello statuto

19 giugno 1999
Fondi pensione e Tfr, la corsa delle tartarughe

26 giugno 1999
Onore delle armi al fronte Della Valle

10 luglio 1999
Quella lungimiranza del Nord-Est

17 luglio 1999
I risparmi di «Bentley» Gnutti

24 luglio 1999
Commissioni e fondi indicizzati

31 luglio 1999
Insider trading, quella tentazione di Piazza Affari

21 agosto 1999
Calciatori, retribuzioni e bilanci

28 agosto 1999
Ecco chi alimenta l’inflazione

4 settembre 1999
Telecom e le leggi del mercato

11 settembre 1999
Internet e il balletto delle tariffe

18 settembre 1999
«Bonus malus» tra annunci e ritardi

25 settembre 1999
Antitrust, tariffe e cartelli

2 ottobre 1999
STMicroelectronics fa il pieno all’estero. Piace meno a Milano

9 ottobre 1999
Il direct marketing e le strane amnesie di Telecom Italia

16 ottobre 1999
Antitrust svelta al distributore, pigra in banca

23 ottobre 1999
I grattacapi dell’Authority

30 ottobre 1999
Supermercati e gli errori del Nord-Est

6 novembre 1999
Opa, adesso l’Italia fa scuola

13 novembre 1999
Borsa, attirati dalla rete

20 novembre 1999
Internet, le Opa e l’Europa

27 novembre 1999
Mercato azionario, rischio di ustioni

4 dicembre 1999
Telefoni, Authority e incongruenze

11 dicembre 1999
La generosità di Mondadori Leasing

18 dicembre 1999
Trader fai-da-te in Borsa

8 gennaio 2000
Bilanci e trucchi di fine anno

15 gennaio 2000
Omnitel e la lezione di Tim

22 gennaio 2000
Il mercato e i tempi Telecom

29 gennaio 2000
L’Eni e il gas. Concorrenza ma non troppo

5 febbraio 2000
Telefoni e trasparenza dei prezzi

12 febbraio 2000
Annunci, azioni e affari virtuali

26 febbraio 2000
Quelle polizze senza mercato

sabato, 26 febbraio 2000

VIZI CAPITALI

Quelle
polizze
senza
mercato

Dario Venegoni

Il nuovo direttore generale delle Assicurazioni Generali Sergio Balbinot ha annunciato l’altro giorno che la compagnia conta di centrare l’ obiettivo di un incremento del Roe al 14% entro il 2001, con un anno di anticipo. Nel frattempo , ha aggiunto, il Leone di Trieste – che ha appena ingoiato l’Ina, scusate se è poco – progetta sbarchi in Cina e nell’ Est europeo, oltre che investimenti importanti in America Latina. Per tutta risposta il titolo in Borsa ha continuato a scivolare inesorabilmente verso nuovi minimi. Se invece di raccontarci quei successi Balbinot avesse annunciato un qualche fumoso progetto di e-business, il titolo non sarebbe certamente decollato?

Benzina? No, polizze. Dai dati delle città campione emerge che l’ inflazione rialza la testa. Colpa del caro-petrolio, si dice sbrigativamente. Vai a guardare più da vicino e scopri che una delle voci che più hanno influito sul riscaldamento dei prezzi è stata quella relativa alle polizze assicurative. Qui la materia prima non ha colpa. A meno di non voler considerare “oro nero” l’ assenza di una vera politica di concorrenza tra le compagnie.

sabato, 12 febbraio 2000

VIZI CAPITALI

Annunci
azioni
e affari
virtuali

Dario Venegoni

L’ Antitrust europea si è decisa a fare la voce grossa: il sistema operativo Microsoft Windows 2000 potrebbe violare i principi della libera concorrenza. L’ annuncio del nuovo commissario Mario Monti arriva a circa 3 mesi di distanza dalla sentenza preliminare della giustizia Usa contro la società di Bill Gates. Prima, per 2 lunghi anni, mentre era in corso la causa promossa dal governo di Washington contro la Microsoft, l’ Antitrust europea rispettosamente tacque. Forse qualcosa è cambiato davvero a Bruxelles.

Affari reali o virtuali?. Zitta zitta la Pirelli si è comprata per oltre 420 miliardi la divisione cavi della BiccGeneral, una società con 11 stabilimenti in Europa, Africa e Asia e 3.500 dipendenti, balzando così ai primi posti nella graduatoria mondiale del settore. Reazione del mercato all’ annuncio: scambi per 51 miliardi di lire, -1,21%. Nelle stesse ore la Finmatica ha annunciato di avere comprato una software house specializzata nella sicurezza su Internet. Reazione della Borsa: scambi per 425 miliardi, +20,3%. Un giorno forse qualcuno ci spiegherà dove stia la ragionevolezza in questo mercato.

sabato, 5 febbraio 2000

VIZI CAPITALI

Telefoni
e trasparenza
dei prezzi

Dario Venegoni

L’ Authority delle Comunicazioni ha autorevolmente confermato ciò che tutti pensano da sempre: che per un comune mortale è impossibile districarsi nel guazzabuglio delle tariffe telefoniche. Su 68 offerte prese in esame, solo 25 hanno superato l’ esame della trasparenza. Le altre 43 sono state bocciate. Per rimediare, il presidente, Enzo Cheli, ha deciso di fare la cosa più semplice: l’ Authority proporrà agli operatori un «codice» che preveda, nell’ ambito delle diverse campagne pubblicitarie, che ognuno continuerà, liberamente, a pubblicizzare, l’indicazione delle tariffe «reali» (comprensive di Iva, scatti alla risposta e quant’ altro) calcolate su parametri standard uguali per tutti. Basterà a diradare il polverone?

Sogno in svendita. Diceva Lenin: «Il socialismo sono i Soviet più l’ elettrificazione del Paese». Qualcuno anche da noi all’inizio degli anni 80 ha pensato che, se non «il socialismo», almeno il progresso può dipendere dall’ elettrificazione delle linee ferroviarie. In Sardegna, per esempio, dove questo rimane un sogno. Le Ferrovie ci credettero, e ordinarono per 127 miliardi la costruzione di 25 locomotori inadatti all’ attuale rete del continente, ma perfetti per quella futura, a 25 mila volt, dell’ isola. Risultato: la rete non è mai stata realizzata e i locomotori, che non hanno mai fatto un chilometro, anche se hanno in media 9 anni di vita, saranno svenduti.

sabato, 29 gennaio 2000

VIZI CAPITALI

L’Eni e il gas
Concorrenza
ma non troppo

Dario Venegoni

Venghino, venghino, signori, al gran mercato della libera concorrenza. Che nuovi operatori del gas si facciano avanti, vendano liberamente la materia prima che compreranno a loro volta dove vorranno. Se avranno difficoltà nella distribuzione, il gas potranno sempre trasportarlo attraverso le condotte della Snam, che magnanimamente gliele affitterà. Ma che i nuovi operatori partano da zero, meglio ancora se resteranno piccoli e possibilmente umili. Al monopolista che si apre al mercato i concorrenti piacciono così. Ciò che assolutamente non gli piace sono gli «espropri». Ormai è come nei telefilm del tenente Colombo: lo vedi comparire e sai già che c’ è stato un delitto. Ogni volta che in un settore si parla di liberalizzazione, ecco il fuoco di sbarramento dei monopolisti. Libertà, hanno detto da Tunisi i vertici dell’ Eni, vuol dire assenza di vincoli. Ragazzi, lasciateci lavorare: questo è il mercato!

Web eterno. La “Internetmania” contagia ormai ogni settore della vita economica. Sui giornali è apparsa di recente la pubblicità del sito Web di una agenzia di pompe funebri che invita i clienti a scegliere per tempo, online, gli arredi per il proprio funerale. L’ unica incongruenza è nel marchio: “primacassa.it”. C’ è mai stato qualcuno che di casse ne ha usata una seconda?

sabato, 22 gennaio 2000

VIZI CAPITALI

 Il mercato
e i tempi
Telecom

Dario Venegoni

La liberalizzazione preme alle porte del mercato delle telecomunicazioni. Entro giugno, è stato annunciato, si potrà scegliere di utilizzare stabilmente un operatore diverso da Telecom Italia. Basterà farne domanda, e al momento di sollevare la cornetta si sarà automaticamente collegati all’ operatore prescelto, senza bisogno di comporre alcun prefisso. Di fronte a questa prospettiva, Telecom Italia sembra aver scelto la via della resistenza passiva, annunciando che per «ragioni tecniche» non riuscirà a consentire più di 6 mila «migrazioni» al giorno verso i nuovi operatori. Di questo passo, solo per autorizzare la migrazione dei circa 3 milioni di clienti Infostrada ci vorrebbe ben più di un anno. Nove operatori di telefonia fissa hanno replicato alla comunicazione di Colaninno, protestando con il ministero e l’ Authority di settore e chiedendo all’ ex monopolista un maggiore impegno nel rispetto delle regole della concorrenza. In analoghe condizioni, si fa notare, France Télécom si è impegnata a realizzare 30 mila «passaggi» al giorno, 5 volte di più della «sorella» italiana.

sabato, 15 gennaio 2000

VIZI CAPITALI

Omnitel
e la lezione
di Tim

Dario Venegoni

L’ amministratore delegato di Omnitel Vittorio Colao ha affermato, senza mezzi termini, che la rete di Wind «copre sì e no il 10% del territorio». Come sa di déjà vu tutto ciò: nel dicembre ’95 fu Tim a contestare la copertura di Omnitel. Allora Tim stava perdendo l’esclusiva della comunicazione cellulare. Oggi Omnitel vede minacciato il duopolio. Wind si consoli: potrà sempre contestare, tra un po’ , il tasso di copertura del nuovo entrato Blutel.

Voci popolari. La Banca Popolare di Milano, dopo giorni e giorni di voci di Borsa, ha annunciato l’ intesa con Tim per nuovi servizi bancari via telefonino. A Milano si scommetteva su un’ intesa con Omnitel e in questo senso (ma solo in questo) l’ annuncio ha destato qualche sorpresa. Di certo qualcuno ha chiacchierato troppo. Chissà che Consob, tra un po’, fatta un’ indagine, non riesca anche a dirci chi è stato.

Destini incrociati. Il documento della Commissione europea che autorizza l’ acquisizione dell’ Ina da parte delle Generali potrebbe provocare un piccolo terremoto. Bruxelles ha chiesto alle Generali di non nominare nel proprio esecutivo persone che siedano nei consigli di altre compagnie. Ma se questa è la nuova regola, di casi da porre sotto esame, nella Borsa italiana, ce ne sono a bizzeffe.

sabato, 8 gennaio 2000

VIZI CAPITALI

Bilanci
e trucchi
di fine
anno

Dario Venegoni

La seconda giornata festiva con mercati finanziari aperti, all’ Epifania, ha visto una discreta reazione da parte del sistema bancario, dopo le molte critiche ricevute l’ 8 dicembre. Diversi istituti hanno dato pubblicità ai propri servizi telefonici e telematici, regolarmente attivi; altri si sono spinti fino a garantire la reperibilità telefonica degli addetti agli uffici Borsa delle agenzie. Insomma, qualcosa si è mosso. Chissà, forse si arriverà d avvero a garantire ai clienti delle banche la possibilità di operare regolarmente durante tutto l’ orario di apertura dei mercati. 

Cosmesi di bilancio. Lo spettacolare rialzo dei corsi di Borsa nel mese di dicembre e l’altrettanto vistosa caduta di questi primi giorni dell’ anno ripropongono un vecchio tema: quello dell’ esistenza sul mercato di una pluralità di soggetti, tutti dotati di mezzi considerevoli, fortemente interessati a favorire un incremento delle quotazioni in coincidenza con la chiusura dei bilanci, il 31 dicembre. Non ci sono infatti solo i piccoli investitori, per definizione innamorati dei movimenti rialzisti: grazie al «rally» di dicembre i fondi potranno vantare nelle loro informazioni alla clientela performance annuali più brillanti; le holding e le assicurazioni, che detengono in portafoglio partecipazioni azionarie significative, potranno abbellire – e di parecchio – i propri bilanci. Bisognerà ricordarsene tra qualche mese, quando cominceranno a essere diffusi i rendiconto del 1999.


sabato, 18 dicembre 1999

VIZI CAPITALI

Trader
fai-da-te
in Borsa

Dario Venegoni

Uno studio sull’ andamento storico del Fib30 dimostrerebbe che il giorno della settimana più promettente è senz’altro il martedì: in questo giorno, infatti, il Fib30 ha chiuso in rialzo nel 56% dei casi, contro il 44% dei giorni in ribasso. Decisamente più a rischio per gli investitori sarebbe – specularmente – il giovedì, giorno in cui le proporzioni praticamente si invertono: il Fib30 è risultato negativo nel 53% dei casi e positivo solo nel 47%. Lette sulle pagine patinate di pretenziose riviste superspecializzate, queste dotte analisi fanno uno strano effetto: dovremo inserire anche la cabala tra i «fondamentali»?

Meglio soli. Il boom del trading on line riporta in auge un fenomeno che pareva in declino: quello della «Borsa fai-da-te». La cosa a dire la verità non è nuovissima: sempre, nei periodi di indici in crescita, aumenta la quota dei risparmiatori che si lanciano in investimenti diretti, senza intermediari. Se si vorrà studiare il fenomeno, però, forse si scoverà anche il segno di una reazione: sciatta gestione di molti fondi comuni, incomprensibili ostacoli burocratici agli investimenti all’ estero, festività e orari anacronistici, commissioni a livelli d’ altri tempi, suonano come altrettante sirene all’ orecchio dei risparmiatori. Come si dice? In certi casi, meglio soli che male accompagnati.

sabato, 11 dicembre 1999

VIZI CAPITALI

La generosità
di Mondadori
Leasing

Dario Venegoni

Il caso, destinato a ripetersi, di una giornata di Borsa aperta con sportelli bancari chiusi, ha posto con la forza dell’evidenza un problema di disequilibrio tra grandi e piccoli investitori. I gestori dei fondi operavano normalmente, mentre chi si affida soltanto ai borsini è rimasto escluso. L’anomalia, a ben vedere, si ripete con puntualità tutti i giorni, da quando la Borsa ha spostato l’orario di chiusura del mercato alle 17.30, nel quadro di un progetto di armonizzazione dei mercati europei. Il quesito è affidato alle banche: si può costruire il mercato europeo con gli orari italiani?

Alzati e elargisci. Mondadori Leasing, società del gruppo Fininvest per la quale nel maggio 1998 è stata avviata la procedura di liquidazione volontaria (una procedura che dovrebbe concludersi entro pochi giorni), questa primavera ha avuto un lampo di vitalità. Giusto in tempo per fare una donazione: 834 milioni e mezzo elargiti a Forza Italia, movimento politico del suo azionista di riferimento. Un curioso canto del cigno. Nel suo afflato di generosità, Mondadori Leasing può riferirsi a un importante modello: Publitalia, controllata da Mediaset, ha infatti dato, sotto forma di sconti sugli spot, ben 16,2 miliardi a vari partiti, di cui quasi 7 al movimento politico presieduto da Silvio Berlusconi. Sistemato l’ azionista di riferimento, adesso che è Natale, Mediaset sia buona: pensi anche agli azionisti di minoranza.

sabato, 4 dicembre 1999

VIZI CAPITALI

Incongruenze,
telefoni
e Authority

Dario Venegoni

Non si dirà che non lo aveva detto. Parlando alla “Convention” di Publitalia, due mesi fa, Roberto Colaninno aveva dichiarato che “È brutto licenziare, ma ancora peggio è fare perdere denaro a chi te lo ha affidato per farlo rendere”. Detto fatto. La Telecom Italia, che si avvia a chiudere il 1999 con un risultato operativo di 12.000 miliardi circa (12 milioni di milioni), ha varato un piano che prevede un taglio di 13.500 posti di lavoro, solo in parte compensato da 6.200 assunzioni. Una volta licenziavano le aziende in crisi, e quelle che andavano bene assumevano. E’ questo il progresso?

Incongruenze. Sul mercato dei telefoni cellulari si affermano nuove tariffe, sempre più convenienti. Chi chiama con un telefonino un numero della rete fissa paga in genere 2-300 lire al minuto. Al contrario, chi da casa chiama un cellulare, nel caso dei prefissi definiti “family”, paga ancora oltre 1.000 lire al minuto. Una incongruenza che l’Authority delle Comunicazioni ha annunciato da mesi e mesi di voler cancellare. Ma il tempo passa e nulla succede. I gestori saranno contenti. I comuni mortali molto meno.

sabato, 27 novembre 1999

VIZI CAPITALI

Mercato azionario,
rischio
di ustioni

Dario Venegoni

Esame di maturità per il mercato azionario di fronte al boom dei titoli tecnologici. La brusca correzione di alcune quotazioni, con la conseguente sospensione al ribasso dei titoli protagonisti delle più clamorose performances – Finmatica in testa – manda a tutti, a cominciare dai piccoli risparmiatori, un messaggio inequivocabile. La Borsa non è il Superenalotto: più spettacolare è la fiammata, più concreto è il rischio di scottarsi e farsi male.

Festa per tutti – Nel generale piagnisteo sull’ Italia che non va, onore a Giulio Malgara che si è presentato all’ assemblea dell’ Upa salutando un anno d’ oro per tutto il settore: la pubblicità è cresciuta in tv, per radio, sui quotidiani e sui periodici. Anche le affissioni stradali non sono andate male. E i “banner” su Internet sono solo all’ inizio. E’ un fatto: se tutti imparassimo ad apprezzare anche i successi, le cose andrebbero meglio per tutti.

Monopolista sarà lei – Giovedì sera Roberto Colaninno appare in tv nel programma di Paolo Glisenti: “Io sono contro il monopolio”, dice il leader della Telecom, “perché il monopolio frena lo sviluppo”. La mattina successiva i giornali riportano l’ accusa dell’Authority delle comunicazioni: la società di Colaninno è indiziata di abusare della sua posizione dominante nel caso dell’offerta legata alla “superlinea Adsl”. Che la concorrenza sia un’ idea buona solo per i dibattiti in tv?

sabato, 20 novembre 1999

VIZI CAPITALI

Internet, le Opa e l’Europa

Dario Venegoni

La Ue ha sfornato un ponderoso rapporto sulla penetrazione di Internet in Europa. Tra ricerche, studi e traduzioni sarà costato un patrimonio. Peccato che i dati risalgano al ’97: per i ritmi di evoluzione della rete, è un po’ come parlare degli elefanti di Annibale. A chi serve?

Opa, si cambia. Il presidente della Consob, Spaventa, ha preso atto della sconfitta. Il regolamento dell’ Opa, stracciato dal Tar del Lazio nel caso dell’Ina, sarà riscritto. Sperando che nel frattempo vi sia anche un intervento legislativo. Perché se no le regole, quelle vere, continuerà a dettarle il Tar.

Passioni e mercati. Società sicuramente dal grande futuro, ma comunque piccole e attive soprattutto nei servizi, come Tiscali, stanno realizzando perfomance stupefacenti. Ieri la società di Renato Soru ha messo a segno un più 8,63% triplicando così il suo valore in tre settimane. Consola che anche altre società più solide, che dispongono di alta tecnologia, presenza in mercati emergenti, stabilimenti, come la StMicroelectronics stiano godendo della stessa passione. Sicuramente in misura minore: nelle ultime settimane il rialzo è stato di «appena» il 25%.

sabato, 13 novembre 1999

VIZI CAPITALI

Borsa, attirati dalla rete

Dario Venegoni

La «Internet-mania» infiamma la Borsa. Un fiume di denaro si sposta sul mercato alla ricerca di titoli buoni per sfruttare le potenzialità della grande rete. Un fiume magmatico, rovente, che non si arresta di fronte ad alcun ostacolo pur di agguantare la preda, quella che promette con più credibilità di far diventare tutti ricchi in quattro e quattr’ otto. Carlo De Benedetti annuncia di voler investire sui titoli Internet? La sua Aedes viene presa d’ assalto e cresce del 55 per cento. Marina Berlusconi punta sul Web? Mediaset tocca un nuovo massimo storico. Tiscali regala accessi per navigare? E via, il titolo decolla, precipita, riparte. Erano anni che il mercato azionario non aveva una impronta tanto speculativa e non coinvolgeva tanti risparmiatori, tutti uniti dalla medesima logica del mordi-e-fuggi. Sarà questo il «mercato finanziario moderno» tanto atteso? Rottami senza Iva. In mezzo a tanto chiacchiericcio intorno a Internet, dalla Finanziaria sembrano scomparsi, uno dopo l’ altro, gli annunciati «provvedimenti concreti» studiati per favorirne la diffusione tra le famiglie e le imprese, in modo da colmare il ritardo nei confronti dei Paesi più avanzati. Dopo i convegni, i protocolli e le promesse, ecco il risultato: saranno detassati i vecchi Pc usati che le società regaleranno a scuole o a enti no-profit. Tra il dire e il fare, da noi si preferisce il dire.

sabato, 6 novembre 1999

VIZI CAPITALI

Opa, adesso l’Italia fa scuola

Dario Venegoni

Nel corso dell’ ultimo Consiglio dei ministri dell’Unione Europea è stata discussa una bozza di direttiva comunitaria in tema di regole dell’ Opa. La Ue ha infatti deciso di mettere ordine nella babele di regole nazionali che ostacolano, di fatto, la crescita di un vero mercato europeo. La direttiva in esame, ha rivelato il ministro delle Politiche comunitarie Enrico Letta, “impone a tutti gli stati dell’Unione di introdurre regole in materia di Opa simili a quelle già presenti nel nostro ordinamento”. Tra i punti chiave della futura direttiva, sulla falsariga dell’esempio italiano, la norma “sull’obbligo della passivity rule per la società bersaglio”. Una volta tanto, insomma, l’Italia fa scuola nel continente. Chissà se oltre alla legge sull’Opa riusciremo a esportare anche il Tar del Lazio.

Casa, dolce casa. Un’insistente campagna pubblicitaria ha battuto per mesi e mesi sul tasto del ribasso dei tassi. Il denaro costa poco, è ora di indebitarsi. Decine di migliaia di famiglie si sono lasciate convincere, accendendo mutui a raffica. Il Bollettino statistico della Banca d’Italia ha rivelato l’altro giorno che al giugno scorso gli italiani avevano acceso mutui per ben 155.019 miliardi, il 22,6% in più rispetto alla stessa data dell’anno precedente. Ieri, infine, ecco la doccia fredda: la Banca centrale europea ha alzato i tassi di mezzo punto per frenare sul nascere l’ inflazione. Anche i mutui rincareranno del 20%. Quante banche avranno avvertito i loro clienti di questo rischio?

sabato, 30 ottobre 1999

VIZI CAPITALI

Supermercati e gli errori del Nord-Est

Dario Venegoni

Bella gatta da pelare, la grande distribuzione. Dopo Silvio Berlusconi, costretto dopo anni di bilanci in rosso a disfarsi della Standa, ecco che anche il duo Gilberto Benetton-Leonardo Del Vecchio ha dovuto cedere: la catena Gs, rilevata dall’Iri solo quattro anni fa, passerà ai francesi di Carrefour. I due gruppi veneti, reduci dai trionfi sulle scene di mezzo mondo, con i carrelli della spesa hanno fallito. Anche altri gruppi, del resto, hanno cercato alleanze internazionali. Resta autarchico il gruppo Coin, che ha comprato Standa. Ma la ristrutturazione di cui si parla potrebbe costare circa 2.000 posti di lavoro. Nell’ ex «Casa degli italiani», a differenza che alla Gs, si parla ancora dialetto veneto. Come si dirà «licenziamenti» a Venezia?

Viva i Bot – Il boom delle sottoscrizioni Enel conferma una tendenza ormai consolidata: i risparmiatori sono alla ricerca di alternative ai Bot. Banche e stampa spingono del resto in quella direzione: basta coi Bot, ci vogliono le azioni o almeno i fondi. Che le azioni siano rischiose lo sanno anche i gatti. Al contrario, che i «sicuri» fondi obbligazionari misti abbiano perso nel ’99 l’1,22% (indice Prime) pochi lo ricordano. Forse i vituperati Bot non erano poi così malvagi.

sabato, 23 ottobre 1999

VIZI CAPITALI

I grattacapi delle Authority

Dario Venegoni

Era stato fin troppo facile prevederlo: in attesa degli sbandierati tagli alla bolletta elettrica, annunciati per l’inizio del prossimo anno, arrivano i rincari. A causa dell’incremento dei costi dei combustibili, dal bimestre novembre-dicembre le bollette delle famiglie aumenteranno di 1 o 2 lire il chilowattora, nonostante il taglio dei cosiddetti «oneri nucleari» deciso dall’Autorità per l’ energia. Da tempo si va avanti così: gli sgravi virtuali lasciano il passo a concreti aumenti.

Solo contro tutti. L’Antitrust si sente accerchiata, costretta «a combattere ogni giorno contro un paese intero». Parole forti, quelle utilizzate dal presidente dell’Autorità di fronte alla commissione Affari costituzionali della Camera. Giuseppe Tesauro ha lamentato la diffusa ribellione alle sue decisioni, se è vero che «nel 90% dei casi» le imprese sanzionate «fanno ricorso al Tar». In questo almeno Tesauro è in buona compagnia. Chieda conferma, se crede, al presidente della Consob, Spaventa, dopo il successo del ricorso dell’ Ina.

 Qualcuno ha fatto 13. Altra Autorità, altri grattacapi. Ascoltato dalla commissione Finanze della Camera il direttore generale della Banca d’Italia, Vincenzo Desario, ha rivelato che prosegue l’istruttoria per accertare se il sistematico scambio di informazioni tra 13 grandi banche non abbia per caso falsato la concorrenza. «Sono stati rinvenuti nuovi elementi» ha detto Desario, che confermerebbero l’ esistenza di «accordi lesivi della concorrenza». Anche tra le banche, dunque, qualcuno fa 13, ma conoscendo in anticipo la combinazione vincente.

sabato, 16 ottobre 1999

VIZI CAPITALI

Antitrust
svelta al distributore, 
pigra in banca

Dario Venegoni

Nel giorno in cui l’Antitrust ha spedito i suoi uomini e i finanzieri a perquisire le sedi delle compagnie petrolifere operanti in Italia è passata forzatamente in secondo piano un’altra iniziativa dell’ Autorità: quella di aprire un’istruttoria sul possibile emergere di una posizione dominante in alcuni segmenti di business all’indomani dell’Offerta pubblica di scambio di Banca Intesa sulla Comit. La notizia è giunta a 3 mesi e mezzo dall’ annuncio ufficiale dell’operazione, quando ormai l’Ops ha superato il suo obiettivo, con oltre il 56 % del capitale Comit oggetto dell’offerta consegnato dagli azionisti di Piazza Scala. Quella che si dice una bella tempestivitaà.

A posto così – Proviamo a immaginare il clamore che avrebbe suscitato un black out anche solo di pochi minuti in tutte le Borse europee, contemporaneamente. Al contrario, l’ avviso che i mercati continentali rimarranno chiusi tutto il giorno il 31 dicembre prossimo per scongiurare i rischi connessi al passaggio all’anno 2000 (il cosiddetto millennium bug) è stata presa ovunque con grande fair play. Al di là delle parole rassicuranti del ministro Franco Bassanini (“L’Italia e’ pronta ad affrontare il millennium bug”) contano i fatti: il “baco dell’anno 2000” è una minaccia più che seria.

Alla grande – Un presidente designato che si fa smentire dai suoi uffici prima ancora di insediarsi formalmente: Piero Gnudi ha debuttato così , di slancio, come leader dell’Iri. E non si trattava di questione secondaria: secondo Gnudi, l’Iri esisterà di fatto anche dopo il 30 giugno prossimo, con buona pace delle promesse fatte dal governo alla Ue. Come si dice? Chi ben comincia…

sabato, 9 ottobre 1999

VIZI CAPITALI

Il direct marketing
e le strane amnesie di Telecom Italia

Dario Venegoni

La Telecom ha mobilitato un piccolo esercito di operatrici per un’ inedita operazione di “direct marketing”. Gli abbonati vengono chiamati al loro numero di casa e informati di due offerte che la società telefonica lancerà “senza alcun onere per gli abbonati” a partire “dal prossimo bimestre”. Si tratta dello sconto del 15% sulle chiamate interurbane e del 5% su quelle indirizzate ai telefoni cellulari. La concorrenza sulla rete fissa comincia a farsi sentire e l’ ex monopolista corre ai ripari, cercando di riconquistare i favori di chi è passato alla concorrenza. Ciò che le telefoniste Telecom evitano di ricordare agli abbonati è che in questi giorni l’ Autorità per le comunicazioni ha detto di essere pronta a varare le nuove tariffe fisso-mobile, con sconti medi del 20% rispetto alle tabelle correnti.

Meglio in anticipo – Il consiglio comunale di Milano ha varato la scorsa notte lo scorporo dall’Aem delle società operative. La Borsa, speranzosa, ha salutato la novità con una autentica festa. A luglio aveva fatto anche meglio: i festeggiamenti per la nascita della nuova società di telecomunicazioni con Silvio Scaglia erano stati avviati addirittura con diversi giorni di anticipo, tanto che il titolo era schizzato verso l’alto ben prima dell’annuncio ufficiale. Alla Consob furono segnalati quei movimenti anomali. Ma finora nessuno dei furboni che allora si arricchirono godendo di informazioni riservate è stato ancora smascherato.

sabato, 2 ottobre 1999

VIZI CAPITALI

StMicroelectronics fa il pieno all’estero
Place meno a Milano

Dario Venegoni

Curiosa vicenda quella dei titoli StMicroelectronics. Per oltre due settimane il corso si è mantenuto costantemente al di sopra dei 74 euro. Eppure il 14 e 15 settembre scorsi l’aumento di capitale, che nel mondo aveva fatto registrare adesioni molto superiori all’offerta, da noi era andato male: su 600 mila azioni disponibili a 72,07 euro, ne erano state prenotate solo 464.150. A Milano in tanti si mangiavano le mani. Fino a ieri, quando è giunta la brusca caduta, col titolo precipitato anche sotto i 70 euro. Quelli che si lamentavano oggi sorridono: la chiamano preveggenza.

Tutta un’ altra musica. A Milano si inaugurerà mercoledì prossimo un nuovo, grande Auditorium. In due anni di lavori, costati 25 miliardi (di cui solo 1,6 di contributo, da restituire, dalla Regione) un vecchio cinema in disuso è stato trasformato nella moderna sede della giovane Orchestra Verdi: una sala da 1.400 posti con un’acustica che si dice perfetta e un modernissimo impianto di registrazione audio-video. Contemporaneamente il progetto del Teatro Dal Verme, dove pure si promette la costruzione di un auditorium musicale, in 16 anni ha già ingoiato una trentina di miliardi pubblici, e non è finita. Per non parlare del Piccolo Teatro, una sala da 900 posti costata un’ottantina di miliardi e circa 20 anni di lavori: a due anni dall’ inaugurazione, il teatro ha già dovuto essere sottoposto a un drastico restyling. Tolta la moquette, si è messo il parquet; eliminate alcune sedie (dalle quali, si ammette, non si vedeva nulla), ecco 30 comodi posti “in piedi”. Privato batte pubblico 5 a 0.

sabato, 25 settembre 1999

VIZI CAPITALI

Antitrust, tariffe e cartelli

Dario Venegoni

È plausibile l’ipotesi di un “cartello” sui prezzi della telefonia mobile? “Io ero fino a poco tempo fa dall’altra parte e posso assicurare che si tratta di un’eventualità impossibile. Il “cartello” è ormai un concetto del passato, inconcepibile”. Così Marco De Benedetti, amministratore delegato della Tim, l’8 settembre scorso. Cosa dirà lo stesso De Benedetti nell’eventualità , data per altamente probabile negli ambienti finanziari, che l’Antitrust condanni Tim e Omnitel per la vicenda delle tariffe (poi ritirate) delle chiamate dalla rete fissa a quella mobile? Allora un “cartello”, sembrerebbe assodato, ci fu. Proprio quando Marco De Benedetti era ancora “dall’altra parte”.

Afflato sociale. “E’ brutto licenziare, ma ancora peggio è far perdere denaro a chi te lo ha affidato per farlo rendere; è un rapporto fiduciario, non rispettare queste aspettative è ancora peggio che licenziare le persone”. Parole di Roberto Colaninno, presidente e amministratore delegato di Telecom Italia, davanti alla osannante platea di Publitalia. Parole, come si vede, ispirate da un elevato afflato sociale. Non per niente la società di cui oggi è leader ha vinto l’ultima edizione dell’ Oscar del bilancio per il miglior bilancio sociale.

 Mai dire mai. Ripescata dall’ archivio: “Un polo con Imi e San Paolo? L’Ina è autonoma ed estranea a logiche di schieramento”. Così disse al settimanale Il Mondo Sergio Siglienti, nella sua prima intervista in veste di presidente dell’Ina. Era il 9 marzo del 1996. Giusto un secolo fa.

sabato, 18 settembre 1999

VIZI CAPITALI

«Bonus malus» tra annunci e ritardi

Dario Venegoni

La notizia che le compagnie d’assicurazione applicheranno il metodo del “bonus malus” anche alle due ruote ha messo in agitazione milioni di motociclisti. Finalmente, hanno detto in molti, i guidatori disciplinati smetteranno di pagare anche per quelli sconsiderati. Errore: il “premio”, oppure la penalizzazione”, a seconda dei casi, non partono quest’anno, ma scatteranno dal prossimo: per il momento, a dispetto dei trionfanti annunci, tutti i proprietari di moto e ciclomotori verranno collocati sullo stesso piano, quelli tranquilli al pari degli equilibristi dell’impennata. Domandina semplice-semplice: ma non li conoscono le compagnie i motociclisti più prudenti? Possibile che a nessuna società sia venuto in mente di anticipare il provvedimento, puntando a conquistare i guidatori migliori? Niente, nessuno ci ha pensato. Strano. Non dicono tutti in questi giorni che quello delle assicurazioni è un mercato nel quale regna la più accesa concorrenza?

Nomi e ruoli. La Olivetti, un tempo sinonimo di informatica, è oggi un gruppo telefonico. La Montedison, nota per il Moplen, è dedita all’energia e all’agro-industria; l’Enel si è data agli acquedotti e ai telefoni cellulari e le banche vendono i biglietti per le partite di calcio. Nel generale rivolgimento di nomi e di ruoli, la Op Computers si ostinava a voler costruire personal computer. Defilatasi la Olivetti, scomparso nel nulla, da dove era venuto, Edward Gottesman; fuggito Gian Mario Rossignolo coi suoi “imprenditori piemontesi”, il cerino è rimasto in mano ai 1.200 lavoratori di Scarmagno. Hanno perso loro o è l’Italia intera a uscire sconfitta?

sabato, 11 settembre 1999

VIZI CAPITALI

Internet e il balletto delle tariffe

Dario Venegoni

Energia fa rima con telefonia. Dopo l’Eni, l’Enel, l’Aem e l’Acea non poteva tardare la conferma che anche la Edison ha «allo studio» l’ingresso nel mercato delle telecomunicazioni. I concorrenti si fanno avanti, attratti dai margini elevati e dalle prospettive di espansione dei servizi telefonici. E il governo, a quanto si capisce, approva. I comuni mortali, per parte loro, anche, nella speranza che la concorrenza si traduca in un taglio delle tariffe, che in alcuni settori sono ancora ferme a livelli difficilmente difendibili. I punti più dolenti restano quello delle chiamate da fisso a mobile, e quello forse anche più eclatante dei collegamenti a Internet. Il presidente del Consiglio crede tanto allo sviluppo del traffico online da dare la sua personale benedizione al lancio della campagna Pubblicità Progresso in favore dello sviluppo della Rete. La campagna invita tutti a «darsi una mossa», per non fare la parte dello «scemo del villaggio globale». Ma sorvola sul particolare che la tariffa urbana a tempo rappresenta un freno formidabile allo sviluppo di Internet. Più che sugli «scemi» del villaggio globale, forse l’accento dovrebbe cadere sui «furbi».

Il ballo delle tariffe. L’Autorità per l’Energia ha appena finito di giustificare gli aumenti di settembre delle tariffe elettriche, e già annuncia la riduzione del 7% per quelle del prossimo gennaio. A spiegazione degli aumenti aveva addotto i rincari del petrolio. Una domanda viene spontanea: l’Autorità sa già oggi quanto costerà un barile di greggio a gennaio?

sabato, 4 settembre 1999

VIZI CAPITALI

Telecom e le leggi del mercato

Dario Venegoni

Tempi duri per gli ex monopolisti. Dismessi i panni del pioniere della concorrenza, Roberto Colaninno denuncia il peso dei vincoli che impacciano il cammino della Telecom Italia. E se la prende direttamente anche con Infostrada e Omnitel, aziende di cui era leader fino a ieri: entrambe seguono il contratto dei metalmeccanici, mentre lui ora è costretto ad applicare quello – ben più oneroso – dei telefonici. Stretta tra concorrenza e monopolio, la Telecom insegue infine Infostrada e Tiscali offrendo gratis l’accesso a Internet, ben sapendo che all’Autorità delle comunicazioni è alle battute finali l’istruttoria sulle denunce che i «provider» Internet hanno presentato contro le sue attitudini monopoliste in questo campo. Ai provider Colaninno offre da ieri l’osso di 11 lire di premio per ogni minuto di traffico Internet procurato alle sue linee; ma a Tiscali e Infostrada ne riconosce quasi il doppio. Anche dopo il cambio di proprietà alla Telecom, all’Antitrust resta di che lavorare.

Tutti uguali. Il ministro del Tesoro Giuliano Amato chiama in causa Bruxelles: «Quando i prezzi sono uguali, ha detto riferendosi a quelli dei carburanti presso i benzinai, o c’è perfetta concorrenza o perfetta collusione». Di qui l’invito alla Commissione europea perché indaghi sul caso. Anche Amato è uno che ha cambiato giacca da poco: fino a poco fa era proprio all’Antitrust. Chissà se quando vigilava lui i prezzi dei carburanti erano tanto diversi.

sabato, 28 agosto 1999

VIZI CAPITALI

Ecco chi alimenta l’inflazione

Dario Venegoni

Per un paio d’anni, quando l’Italia lottava per «andare in Europa», la battaglia contro l’inflazione mobilitò tutte le forze attive del Paese. E i risultati sono arrivati. Adesso che in Europa ci siamo si ha l’impressione che siano in molti a volersi rifare dei «sacrifici» di allora. Dal prossimo settembre le tariffe elettriche saliranno in media del 3 per cento (contro un tasso d’inflazione annuo dell’1,7). Le polizze Rc auto, si annuncia, sempre dal prossimo mese subiranno rincari del 15-20% anche per gli automobilisti più disciplinati. Le compagnie petrolifere hanno anticipato ad agosto i ritocchi, tanto che la super oltrepassa già ampiamente le 2.000 lire il litro. Dulcis in fundo, centinaia di migliaia di italiani, attratti nei mesi scorsi dalla pubblicità del «denaro a buon mercato», si sono visti ritoccare dalle banche i tassi dei mutui appena accesi, con rincari di mezzo o anche di un punto in percentuale (in valori assoluti; in percentuale, del 10 o anche del 20%). Esaurita la fase eroica, siamo ritornati al tempo in cui la lotta all’inflazione è sempre compito di qualcun altro.

Tra il dire e il fare. Giovedì la Borsa Italiana Spa ha annunciato che dal 1° settembre prossimo l’orario della negoziazione continua sarà ampliato di un’ora, dalle 9.30 alle 17.30, nel quadro di un programma di armonizzazione degli orari dei mercati europei. Ieri gli scambi sono partiti con un’ora di ritardo a causa di un guasto tecnico. Anche le macchine, a volte, si ribellano.

sabato, 21 agosto 1999

VIZI CAPITALI

Calciatori, retribuzioni e bilanci

Dario Venegoni

E così anche la Lega calcio ha scoperto le leggi del mercato. Da qualche tempo aveva forse maturato l’illusione di poter fissare le regole del gioco, in una crescita esponenziale dei prezzi dei diritti televisivi. Adesso dovrà forse scendere a più miti consigli: aveva chiesto 237 miliardi per le partite “in chiaro”, ne avrà dalla Rai 187. Che sono sempre, come direbbe Mike Bongiorno, una bella sommetta, ma sono anche 50 in meno del preventivato. Chissà se la lezione servirà. Le sole quadre di serie A, pur lamentando nella stragrande maggioranza pesanti passivi di bilancio, quest’anno aumenteranno gli stipendi di calciatori e staff tecnici di circa l’80% rispetto a due anni fa, raggiungendo l’incredibile cifra di quasi 1.500 miliardi complessivi. Con gli stessi soldi, tanto per avere un metro di paragone, si pagano operai, impiegati, tecnici, dirigenti e top manager di Barilla, Marzotto, Falck e Merloni messi insieme: poche centinaia di ragazzi incassano insieme un monte-stipendi uguale alle retribuzioni di circa 25.000 persone. 

Il latte versato. Il caso Vespa è un classico. Invece di piangere sull’ormai imminente partenza per l’estero di un marchio che più italiano non si può, forse sarebbe meglio riflettere sul fatto che da noi fondi di investimento del genere del Texas Pacific Group non ci sono. Se la Piaggio va in Texas è perché da noi nessuno la vuole. E’ accaduto e continuerà ad accadere finché il mercato italiano non si doterà degli strumenti propri di un mercato evoluto.

sabato, 31 luglio 1999

VIZI CAPITALI

Insider trading, quella tentazione di Piazza Affari

Dario Venegoni

L’anomalo boom delle quotazioni attorno all’Aem nei giorni precedenti l’annuncio dell’intesa telefonica con l’ex leader della Omnitel Silvio Scaglia ripropone con la forza dell’evidenza il caso della scarsa tutela del mercato in materia di “insider trader”. Con l’aggravante che l’anomalia coinvolge nel caso specifico anche una società a controllo pubblico, i cui funzionari dovrebbero essere a maggior ragione custodi del bene collettivo. Tant’è. Nel corso del 1998 la Consob ha segnalato alla magistratura ben 21 casi tra “insider trading” e aggiotaggio, facendo nomi e cognomi di 125 sospetti. E quest’anno ha inviato alla giustizia un’altra sfilza di rapporti, segnalando irregolarità (talune risalenti ad alcuni anni fa) negli scambi attorno a diversi titoli: Banco di Napoli, Mondadori, Centenari e Zinelli, Btp future, Stet, Telecom, Avir e Aedes. Rapporti rassegnati, fatti più per dovere d’ufficio che per convinzione di una pratica utilità. Uno dei pochissimi furbacchioni incastrato per “insider” l’anno scorso aveva guadagnato illecitamente 250 milioni: se l’è cavata con una multa di 23 milioni e mezzo.

Gabella petrolifera. Il ministro Bersani ha chiesto spiegazioni all’Abi a proposito della commissione di 1.500 lire imposta a chi utilizza la carta di credito per i pagamenti dai benzinai. Una gabella introdotta quando le carte di credito erano una rarità, ma che le banche mantengono: 1.500 lire qui, 1.500 lire là. Come si dice: tutto fa brodo, in tempi di globalizzazione.

sabato, 24 luglio 1999

VIZI CAPITALI

Commissioni e fondi indicizzati

Dario Venegoni

Fondi e commissioni. Alberto Foà, amministratore delegato di Anima (Banco di Desio), lo ha detto chiaro: il 90-95% dei fondi italiani sono in realtà indicizzati, a gestione passiva, ma ai clienti vengono applicate commissioni elevate, proprie di una gestione attiva. Nei mercati più evoluti, al contrario, i fondi indicizzati (quelli che investono in blocco sui titoli di un certo indice) lo dicono e applicano commissioni ridotte. La denuncia non ha provocato lo scalpore che ci si sarebbe potuti attendere. Sarà semplicemente che tutti lo sanno da sempre che è proprio così?

Blu, tango blu. Blutel ha dunque vinto la corsa alla quarta licenza della telefonia mobile. Dopo l’Enel, un’altra grande impresa pubblica, la Autostrade, diversifica il proprio business con i cellulari. I partner del consorzio Blutel, sotto l’ombrello di Autostrade, esprimono a buon motivo soddisfazione. Il più felice, ovvio, è l’Iri, e cioè il Tesoro, che vede valorizzata al massimo la società che sta per cedere sul mercato. Raggiante è parso anche il presidente di Autostrade (e di Blutel) Giancarlo Elia Valori, che colleziona un altro successo nella sua inimitabile carriera di gran navigatore dell’industria pubblica. Non ci è dato conoscere, invece, la reazione alla notizia delle migliaia di automobilisti imbottigliati nelle tradizionali code autostradali sotto la canicola. Chissà se in tutto questo tripudio di telefonia ci sarà qualcuno che si preoccuperà anche di loro.

sabato, 17 luglio 1999

VIZI CAPITALI

I risparmi di Gnutti

Dario Venegoni

Emilio «Bentley» Gnutti è a caccia di soldi. Dopo essere entrato da protagonista nell’«Opa del secolo» alla Telecom, ora – si dice – è tra gli animatori della controscalata alla Snia: un affare 100 volte più piccolo, ma pur sempre da 600 e rotti miliardi. Dove li trova Gnutti tutti questi quattrini? Le cronache finanziarie si addentrano in un labirinto da capogiro: una selva di società dagli improbabili indirizzi, controllate da Brescia dal nuovo «uomo d’oro», stanno negoziando prestiti, mutui, garanzie. In cima a tutto c’è la Gold Mine, miniera d’oro, l’ennesima scatola cinese costituita per l’occasione a Jersey, un’isola della Manica nota come «paradiso fiscale». Dalla Gold Mine le nuove risorse, ingigantendosi a ogni passaggio, arriveranno alla Fingruppo e poi di seguito alla Hopa, alla Gpp International, alla lussemburghese Bell e infine alla Olivetti e alla Tecnost che hanno comprato il 52% della Telecom. Tra questa miriade di scatole cinesi finte «estere», l’unica cosa che appare chiara è che Gnutti risparmierà un sacco di tasse. Traduzione: ponti e autostrade per la Bentley continueremo a pagarli noi comuni mortali.

Tradizioni. I giornali riportano la cronaca della tradizionale polemica telefonica a distanza. Omnitel annuncia che nei primi mesi del ’99 ha fatto più abbonati della Tim, e questa risponde stizzita che la concorrente, come sempre, non sa fare i conti. Bello vedere che certe simpatiche tradizioni non si perdono, anche se oggi gli ex azionisti di Omnitel sono insediati al vertice della Tim.

sabato, 10 luglio 1999

VIZI CAPITALI

Quella lungimiranza del Nord-Est

Dario Venegoni

Dino De Poli, presidente della Cassa Marca, è «rimasto colpito» dalle bellicose dichiarazioni del presidente della Deutsche Bank, Rolf Breuer: il gigante tedesco vuole crescere ancora per contare di più nel sistema creditizio italiano. De Poli, che con i presidenti delle altre Fondazioni aveva avviato con Breuer un negoziato per cedergli parte del pacchetto UniCredito, forse pensava che la Deutsche Bank avrebbe investito svariate centinaia di miliardi solo per far comprendere all’amministratore delegato Alessandro Profumo che a comandare devono essere i leader delle Fondazioni. Per la serie: la lungimiranza del Nord-Est.

God save the King. In vista della quotazione, la Vemer Elettronica ha pubblicato sui giornali un lungo estratto del prospetto. In esso si legge testualmente: «Uno dei fattori che ha contribuito al successo del Gruppo Vemer è costituito dall’abilità del Sig. Edoardo Brambilla, presidente del consiglio di amministrazione e azionista di controllo della capogruppo Vemer Elettronica, nonché dalla professionalità dei Sig.ri Riccardo Breda, direttore finanziario e consigliere di amministrazione, Enzo Brignoli, responsabile della produzione e consigliere di amministrazione, Francis Barthe, responsabile del marketing e consigliere di amministrazione della società controllata Vemer S.p.A.. Le prospettive del Gruppo Vemer dipendono anche dalla capacità di continuare ad assicurarsi i servizi di tali persone». Firmato: «Vemer Elettronica S.p.A.» e «Gli azionisti Venditori». Per la serie: chi si loda s’imbroda.

sabato, 26 giugno 1999

VIZI CAPITALI

Onore delle armi al fronte Della Valle

Dario Venegoni

Quando arrivò al vertice della Comit, qualcuno a Milano storse il naso: uno «scarparo», dissero, metteva piede sul ponte di comando della regina delle banche. Che tempi. Adesso che sono trascorsi solo pochi anni, e che lo «scarparo» è stato cacciato da quel consiglio, di nuovo qualcuno storce il naso di fronte alla sua inusuale reazione. I giochi erano fatti, e il suo fronte aveva perso su tutta la linea; invece di lasciare signorilmente il passo, Diego Della Valle ha rifiutato di dimettersi e ha per di più preso la parola in assemblea per spiegare il perché. Orrore! Chi conosce la nobile arte della diplomazia, come per esempio Michel François-Poncet, parente stretto di quell’ambasciatore di Francia a Berlino che tenne testa per anni niente meno che ad Adolf Hitler, queste cose non le fa. Della Valle invece l’ha fatto, duettando con nervosa cordialità col presidente Luigi Lucchini, e chiamando in causa (senza citarlo) l’amministratore delegato di Mediobanca Vincenzo Maranghi. Insomma, come si dice in questi casi, gliele hanno date, ma gliele ha dette. E i soci della Comit, che da anni si chiedono come mai tutte le banche si sposano tranne la loro, hanno inopinatamente ottenuto in una sede ufficiale più informazioni su come sono andate le cose in questi anni di quante gliene abbiano mai fornite gli organi preposti. L’eterogeneo fronte dello «scarparo» ha imprevedibilmente combattuto, e ha costretto gli alleati di Enrico Cuccia, se volevano davvero «pesare» nella banca, a comprarsela a suon di miliardoni. Ha perso, ma merita l’onore delle armi.

sabato, 19 giugno 1999

VIZI CAPITALI

Fondi pensione e Tfr, la corsa delle tartarughe

Dario Venegoni

Eppur si muove /1. Passo dopo passo i fondi pensione si fanno strada anche da noi. Lo schema del decreto varato l’altro giorno dal ministro del Tesoro Giuliano Amato consentirà forse di imprimere un’accelerazione a un cammino fin qui anche troppo prudente. Ben venga dunque la possibilità di trasformare le prossime quote delle «liquidazioni» dei lavoratori dipendenti in obbligazioni o in azioni (a seconda dei casi) negoziabili sul mercato. Un’innovazione che tra l’altro aprirà la strada verso la Borsa a molte buone società. Per le imprese e per i lavoratori si apre una stagione di migliori opportunità, ma anche di maggiori rischi. Il Tfr (leggi: l’attuale istituto della liquidazione) oggi garantisce sia le imprese, che si finanziano con poca spesa, sia i dipendenti, che possono contare su un accantonamento certo. Domani le prime dovranno fare i conti con le esigenze e i diritti di nuovi soci, e i secondi con le incertezze insite in titoli rappresentativi per definizione di un capitale di rischio. Il punto cardine del decreto, a ben vedere, sarà rappresentato dalla garanzia dell’indipendenza e della professionalità dei gestori dei nuovi fondi pensione. Per evitare il pericolo che la cosiddetta «cartolarizzazione» del Tfr si traduca in una produzione di carta straccia.

Eppur si muove /2. Il consiglio di amministrazione della Comit ha espresso parere positivo sull’ipotesi di aggregazione con la Banca Intesa. Lo stesso consiglio ci aveva messo un anno a non rispondere alla Banca di Roma, e oltre due mesi a respingere le avances dell’UniCredito. Allora è proprio vero: i colpi di fulmine esistono.

sabato, 12 giugno 1999

VIZI CAPITALI

Fiat, le modifiche allo statuto

Dario Venegoni

Alla Fiat non ci sarà più un patto di sindacato, ma al massimo un “patto di consultazione”. E Mediobanca non ne farà parte. Lo ha detto “en passant” qualche giorno fa il presidente dell’Ifil Umberto Agnelli, il quale ha aggiunto che le blindature, in generale, «non hanno più senso» dopo il varo della Legge Draghi. E ci credo: più che un patto, quello della Fiat era una sorta di gabbia, e gli Agnelli ci sono stati “blindati” per più di cinque anni. Ma ora basta: alla prossima assemblea, tra una decina di giorni, sarà proposta la modifica dello statuto, portando dagli attuali undici a un numero variabile tra nove e quindici i componenti del consiglio di amministrazione. Cadrà così anche la clausola delle delibere a maggioranza qualificata (nove consiglieri su undici) introdotta per volere di Mediobanca nel 1993. Al vertice della Fiat erano necessarie maggioranze qualificate per “la nomina delle cariche sociali e la determinazione dei relativi poteri”; per “aumenti di capitale ed emissione di obbligazioni”; per “fusioni, scissioni, acquisti e dismissioni di partecipazioni e di cespiti rilevanti per il loro ammontare o per la loro importanza strategica”; per i “budget e i piani pluriennali”; per “le determinazioni da adottare, relativamente alle materie suddette, nelle assemblee delle società controllate caposettore”; per “la designazione delle cariche sociali delle società controllate caposettore”; per le “proposte di altre modifiche statutarie”. Si capisce che la famiglia Agnelli, giunta nelle condizioni di poter scegliere, ha deciso di liberarsi di questi vincoli.

sabato, 5 giugno 1999

VIZI CAPITALI

Collocamenti, la severità con i piccoli

Dario Venegoni

In vista dello sbarco sul Nuovo Mercato della Opengate, la Consob ha imposto la pubblicazione su alcuni quotidiani di un avviso a pagamento di quasi mezza pagina nel quale sono evidenziati i punti deboli dell’operazione. La società ha un «elevato indebitamento finanziario» che potrebbe ridurre la sua «capacità di reperire ulteriori finanziamenti» rendendola «più vulnerabile nel caso di contrazione della domanda». La Opengate inoltre è «di recente formazione» con l’accorpamento di 5 entità distinte: «tale integrazione comporta alcune incertezze». In più la società opera in un settore di «forte concorrenzialità», nel quale i prodotti sono sottoposti a un processo di rapida obsolescenza; i principali fornitori conservano un «rilevante potere contrattuale»; i margini calano, mentre «non esiste alcuna relazione che garantisca che il calo dei prezzi determini un incremento dei volumi venduti». Insomma: non si dirà, poi, che non ci avevano avvisato. Eppure qualcosa colpisce. Molte osservazioni (margini in calo, concorrenza, problemi di integrazione) le abbiamo lette anche in altri prospetti. Ma la Consob non ne ha imposto la pubblicazione sui giornali. Com’è severo Spaventa con i piccoli!

Patto addio – Sempre da un’inserzione a pagamento apprendiamo che è stato sciolto il patto di sindacato su azioni Telecom tra Comit e Tesoro. Motivo: la Comit ha aderito all’Opa di Olivetti e non ha più azioni Telecom. Qualcuno sa spiegare a cosa è servito quel patto?

sabato, 29 maggio 1999

VIZI CAPITALI

Telecom, tour de force di approvazioni

Dario Venegoni

Il consiglio di amministrazione della Telecom, dimissionario, attende l’assemblea dei soci chiesta dai nuovi padroni. L’attende, c’è da scommetterci, come una liberazione, per chiudere una pagina davvero poco felice. Importanti nomi di economia e finanza erano entrati in quel consiglio due anni e mezzo fa, al momento della privatizzazione, con la serena tranquillità di chi va a rappresentare il proprio gruppo al vertice di una autentica macchina da soldi, senza scosse e senza problemi. Il primo amministratore delegato che si trovarono davanti, Tomaso Tommasi, presentò il suo piano industriale, e i consiglieri approvarono, all’unanimità. Quando Gian Mario Rossignolo assunse quei pieni poteri che invano Guido Rossi aveva chiesto per sé, di nuovo il consiglio applaudì. E quando il nuovo “very powerful chairman” rivoltò l’azienda come un calzino e presentò il suo proprio piano, di nuovo il consiglio approvò, all’unanimità. Passò meno di un anno e via, altro ribaltone: cacciato Rossignolo, si elesse con voto corale Franco Bernabè. Il quale arrivò, avviò negoziati con nuovi partner e varò un nuovo piano industriale. Che i consiglieri, manco a dirlo, approvarono all’unanimità. Fino alla bagarre finale, sotto la pressione dell’Opa di Colaninno, quando il consiglio Telecom – come un sol uomo – approvò prima la fusione con Tim e poche settimane dopo l’accorpamento con Deutsche Telecom. Per i membri del vertice Telecom un tour de force di approvazioni. Si comprende che sperino finisca presto.

sabato, 22 maggio 1999

VIZI CAPITALI

Opa alla prova:
tante scorrettezze
La legge ha bisogno di modifiche

Dario Venegoni

Adesso che la scalata di Olivetti alla Telecom è giunta al termine, bisognerà trarre qualche bilancio della tenuta della legge sull’Opa, sottoposta alla prima vera prova sul campo. La cosiddetta «contendibilità» delle imprese è uscita dai libri di diritto per entrare nella pratica del mercato. Ciò riconosciuto, è un fatto che le norme che dovrebbero regolare operazioni di questa portata escono dalla tempesta assai acciaccate. La Consob è intervenuta a ripetizione, soprattutto negli ultimi giorni, richiamando le parti al rispetto delle regole di trasparenza e di correttezza. Spesso invano. Ha suggerito di non utilizzare lo strumento televisivo, più adatto alla suggestione emotiva che alla riflessione, e ugualmente una raffica di «spot» è entrata nelle nostre case. Ha chiesto informazioni sui progetti industriali e sui piani di finanziamento, e invece le interviste dei due manager più in vista sono state spesso una sequela di colpi bassi diretti all’avversario. Ha sollecitato l’adozione di comportamenti idonei ad assicurare parità di informazione agli investitori istituzionali e al pubblico, e invece sono continuati, specie a Londra, incontri con analisti o gestori lontano dagli occhi della stampa. Per non parlare delle indiscrezioni interessate lasciate trapelare sull’andamento delle adesioni. È stata la prima prova vera, forse non poteva andare diversamente. Ma è urgente qualche rattoppo a una legge che è parsa davvero a maglie eccessivamente larghe.

sabato, 15 maggio 1999

VIZI CAPITALI

Draghi e la rivincita dei patti

Dario Venegoni

Facciamo un patto. Qualcuno forse dal dibattito che ha accompagnato la «riforma Draghi» poteva aver tratto l’impressione che la nuova «corporate governance» avrebbe sancito il definitivo tramonto dei patti di sindacato. Niente di più sbagliato: cacciato dalla finestra, il sistema è rientrato alla grande dalla porta. Chi comanda nella Comit? Il patto fresco di firma tra i soci vicini a Mediobanca. Chi comanda in Mediobanca? Il patto, ovvio: le regole le sta riscrivendo il prof. Ariberto Mignoli. E alla Fiat? Di certo c’è solo che un patto tra azionisti ci sarà, e sarà diverso da quello che sta per scadere. E alla Telecom dell’era Olivetti (se nascerà)? Ci sarà un altro patto, dal quale come ha annunciato il presidente dell’Unipol Giovanni Consorte, Silvio Berlusconi sarà escluso. Epperò la legge Draghi è in vigore, e impone regole di trasparenza. E allora ecco i sottili distinguo: il patto c’è ma non si impegna; c’è ma non è un «sindacato», ma solo «di consultazione» (ma per consultarsi si deve firmare un contratto dal notaio?). Di certo queste alleanze reggono finché si è tutti d’accordo: oggi alle Generali come tanti anni fa alla Mondadori. Diciamocelo: in questo Paese ogni tanto si ha la sgradevole sensazione che non cambi mai niente.

Squadra vecchia. «Squadra che vince non si cambia», ha scritto Bernabè l’altro giorno a tutta pagina sui quotidiani, vantando i buoni risultati della Telecom. Un classico autogol: se ci si ferma ai risultati di bilancio, visti i successi dei conti del ’98 bisognerebbe chiedere il ritorno di Rossignolo.

sabato, 8 maggio 1999

VIZI CAPITALI

Affinità elettive, fusioni bancarie e giochi di potere

Dario Venegoni

Nel grande gioco della riorganizzazione del sistema bancario nazionale torna in auge l’idea di un avvicinamento tra Banca di Roma e Monte dei Paschi. Del progetto hanno parlato Massimo D’Alema ed Enrico Cuccia nel famoso colloquio in casa Marchini. Il patron di Mediobanca, che vuole accasare l’istituto romano, ha trovato nel presidente del Consiglio (che a Geronzi deve molto) un interlocutore più che sensibile. I due istituti, poi, hanno scoperto di essere accomunati da un’identica visione del mondo: le rispettive Fondazioni sono tra le più restie a mollare il comando e sono in prima fila tra chi si oppone alla riforma del settore. Ergo, le probabilità di successo del progetto sono alte: sotto le insegne del nuovo, è la prima Repubblica che avanza.

Giochi di potere. «È tutto un gioco di potere», ha sentenziato il presidente della Deutsche Bank Rolf Breuer, commentando acidamente il nuovo patto che si candida a comandare nella Comit. È difficile dargli torto: di una questione di potere si tratta. Sorprende piuttosto che ce lo segnali con quel tono proprio il leader della maggiore banca tedesca, che pure col potere dovrebbe avere dimestichezza. Mentre Breuer criticava il patto Comit, il capo economista della stessa Deutsche Bank Norbert Walter in un’intervista dettava le condizioni per il futuro della Serbia. La politica estera la fanno i banchieri? Non è un «gioco di potere», questo?

sabato, 1 maggio 1999

VIZI CAPITALI

Assemblee societarie:
spunta finalmente il diritto di critica

Dario Venegoni

Panni sporchi. La tornata di assemblee di questa settimana ha introdotto una significativa novità. Alla Comit e alle Generali il conflitto tra i principali azionisti è esploso alla luce del sole. Qualcuno si è scandalizzato, e invece è stato un progresso. Quella di Luigi Lucchini, di discutere solo in consiglio di amministrazione, dopo l’assemblea, delle accuse del vicepresidente Gianfranco Gutty agli amministratori delegati della Comit, non era una buona idea. Al di là delle forme discutibili, è stato positivo che la questione sia stata proposta ai soci, che hanno diritto di viaggiare informati. Così come bene ha fatto il riservato Antoine Bernheim ad annunciare all’assemblea delle Generali che Mediobanca lo voleva allontanare. Se le assemblee non vengono informate di questi contrasti, che si tengono a fare?

Critiche costruttive. Sottoposto a un inedito fuoco di fila di critiche all’indomani della sua audizione in Parlamento, il Governatore Fazio ha vissuto giornate difficili. Non era mai successo che il suo ruolo fosse così coralmente e autorevolmente discusso. Al termine di una pausa di riflessione, ecco arrivare l’attacco frontale di Bankitalia alle maggiori istituzioni creditizie del Paese, accusate di violare le regole della concorrenza (cosa che, francamente, in più d’uno sospettavamo da tempo). Che vi sia un rapporto di causa-effetto tra le critiche a Fazio e l’iniziativa di via Nazionale è ovviamente negato recisamente. Ma è un fatto: le critiche, quando sono fondate, fanno bene. Anche alle istituzioni più alte.

sabato, 24 aprile 1999

VIZI CAPITALI

La lingua della finanza? Il tedesco

Dario Venegoni

Willkommen! Giovedì i vertici di Telecom italiana e di Deutsche Telekom hanno annunciato che il capitale della nuova società che nascerà dalla fusione sarà per il 56% tedesco. Il cavaliere bianco (weisse Reiter?) non ha dunque tardato a presentare il conto del “salvataggio”. Omnitel e Infostrada un padrone tedesco (Besitzer?) ce l’hanno già. Alle Generali si infittiscono le voci che vogliono in arrivo al vertice, probabilmente come numero 2 (stellvertretender Geschäftsführer?) accanto al presidente Antoine Bernheim il presidente della Commerzbank Martin Kohlhaussen. La Siemens si è già presa la fetta (Portion?) di Italtel che le interessava. E sui giornali di ieri c’era la notizia che la Gehe, società di Stoccarda con un fatturato di oltre 25.000 miliardi di lire, ha conquistato le farmacie ex comunali di Bologna e vuole quelle di Milano. Altro che inglese: nel nuovo mercato nato con l’euro converrà sapere il tedesco. Non è uno scandalo: è un fatto. D’altra parte quale argomento avrebbe da contrapporre il sistema economico italiano? I patti di sindacato? I nuclei stabili al 6%?

Realtà virtuale. Sono passati 15 giorni e sembra un secolo. Vi ricordate le pagine di pubblicità sui giornali per l’assemblea Telecom che avrebbe dovuto sancire la fusione con Tim? Oggi sappiamo che quel progetto, tanto clamorosamente sbandierato, non convinceva neppure Bernabè. Eppure siamo stati chiamati a discuterne, come se fosse cosa concreta. Un po’ come i segretari di partito che domenica scorsa in tv dibattevano sui dati fasulli del referendum.

sabato, 17 aprile 1999

VIZI CAPITALI

Credito, trasparenza e dolori

Dario Venegoni

Trasparenza. Una nebbia impenetrabile avvolge ormai la riforma degli assetti bancari. A un mese dall’annuncio delle offerte dell’UniCredito sulla Comit e del San Paolo sulla Banca di Roma, ancora non è dato conoscere il parere dei rispettivi consigli di amministrazione. Nessuno lo ha detto ufficialmente, ma si capisce che in queste 4 settimane di «surplace» nuovi protagonisti sono stati autorevolmente incoraggiati a intervenire. Si parla, tra gli altri, del Montepaschi e di Banca Intesa. La Banca d’Italia, si lascia intuire, apprezzerebbe. Di certo il Governatore Antonio Fazio non è rimasto insensibile al grido di dolore dell’Abi, terrorizzata della possibile concorrenza che le Poste, acquisendo la banca Proxima, avrebbero potuto portarle in casa. A Corrado Passera, che pure poteva contare in questo progetto sull’incoraggiamento del ministro del Tesoro Carlo Azeglio Ciampi, Fazio ha detto di no: al sistema bancario le Poste piacciono polverose e tanto basta. Altro che leggi del mercato. Qui, come quel famoso giorno al Tour, c’è un uomo solo al comando. Il quale ancora l’altro giorno a Cassino ha lungamente parlato, dicendo la sua sui contratti di lavoro, sul fisco, sugli investimenti, sulle pensioni e persino, con nobili parole, sulla pace nei Balcani e nel mondo. Il Governatore ci dice con ammirevole chiarezza ciò che pensa su tutto, meno che sulla tempesta che investe le banche. Speriamo che martedì in Parlamento spieghi come immagina la riorganizzazione del sistema.

sabato, 10 aprile 1999

VIZI CAPITALI

Nucleo stabile e strani silenzi

Dario Venegoni

Strani silenzi. Il grande giorno dell’assemblea Telecom è arrivato. La parola oggi passa agli azionisti, chiamati infine a pronunciarsi sulla più importante operazione finanziaria che abbia mai coinvolto società italiane. Approvando o respingendo le proposte del consiglio, i soci daranno anche una risposta all’Olivetti. Il bello dell’Opa è proprio questo: che a un certo punto bisogna schierarsi, o di qua o di là, una terza via non c’è. Dopo settimane e mesi di polemiche e di rettifiche, diciamocelo: ben venga la resa dei conti, e vinca il migliore. In questo confronto (non parliamo di guerra: anche quella c’è, oggi, purtroppo, ed è davvero un’altra cosa) non si sono risparmiate munizioni. Eppure, a pensarci, c’è qualcosa che stona, ed è il sostanziale silenzio di tanti componenti del cosiddetto «nucleo stabile» di azionisti, che pure sono i destinatari primi delle avances di Ivrea. Che cosa ne pensano dell’offerta dell’Olivetti all’UniCredito, alla Banca Commerciale, all’Ifil, alla Banca d’Italia, al San Paolo, all’Ina? C’è qualcuno che lo sa? Non avrebbero dovuto i maggiori azionisti esprimersi a chiare lettere, in questi due mesi?

Pane al pane. Il tempo del «buonismo» sembra finito. Colaninno dice di volere andare alla Telecom «per comandare»; Gilberto Gabrielli, della Abn Amro, dice che non esiste un’Opa «amichevole»: «Le persone possono rimanere amiche, le istituzioni non lo sono quasi mai. Quello che conta è chi comanda, chi decide». E sui giornali, sempre più di frequente (l’ultimo caso è di ieri, sul Sole 24 Ore) l’imprenditore è indicato semplicemente come «il padrone». Il contrario del «buonismo» cos’è: il «cattivismo»?

sabato, 3 aprile 1999

VIZI CAPITALI

Banche e tempi lunghi

Dario Venegoni

Esagerazioni. Che pesci d’aprile, quest’anno, ragazzi. Erano anni che non se ne inventavano di così divertenti. Vi è piaciuta quella della Sony, sulla presunta tassazione delle playstation come beni di lusso? E che dire di quell’altra, di Gian Mario Rossignolo, ex presidente della Telecom che, richiesto di chiarire se anche lui è tra gli scalatori della società telefonica, avrebbe risposto che sono affari suoi? E di quell’altra, dell’alleato numero uno di Bernabè, quel Leon De Jerez della Standard Life che organizzava il fronte dei fondi internazionali a sostegno del leader della Telecom, che sarebbe invece passato alla concorrenza, lasciando in braghe di tela il suo sponsor proprio alla vigilia dell’assemblea? Meno azzeccata è apparsa un’altra storiella, quella dell’Olivetti, che avrebbe avuto in cassa lo 0,83% della Telecom (più della Comit e dell’Ifil, che pure fanno parte del «nocciolo duro») e che avrebbe venduto in un sol giorno in Borsa titoli per 460 miliardi di lire, sorprendendosi poi di avere provocato un deprezzamento delle quotazioni. Anche come pesce d’aprile, francamente esagerata.

Tempi lunghi. A due settimane dall’annuncio dei progetti dell’UniCredito e del San Paolo sulla Comit e sulla Banca di Roma ancora non è dato sapere cosa ne pensino gli amministratori delle società interessate. La guerra lampo del credito sembra trasformarsi in un confronto di opposte trincee, dalle quali ciascuno difende in sostanza la propria attuale identità. In Europa e nel mondo, nelle stesse settimane, accorpamenti e fusioni hanno cambiato il panorama dell’industria e della finanza. Per quanto tempo ancora da noi si potrà restare fermi?

sabato, 27 marzo 1999

VIZI CAPITALI

Il pulpito dell’onorevole

Dario Venegoni

Da che pulpito. Dino De Poli, ex parlamentare democristiano, nominato per questo presidente della Cassamarca di Treviso, è tornato a rivendicare il diritto delle Fondazioni a «essere il padrone di un istituto di credito». Quanto a Cuccia e alla possibilità di una sua reazione, De Poli è categorico: «Se è morta la Prima Repubblica, può morire anche Mediobanca». Scusi, onorevole, ma cosa dice? Un ex parlamentare che rivendica il comando su un grande gruppo creditizio non è la prova inconfutabile della vitalità della Prima Repubblica? In proposito torna alla mente un episodio lontano. Era il 1956, e si teneva l’ottavo congresso del Pci, quello che avrebbe sancito la «destalinizzazione». Concetto Marchesi, latinista insigne, ex rettore dell’università di Padova, dalla tribuna così attaccò: «Tiberio, uno dei più grandi e infamati imperatori di Roma, trovò un implacabile accusatore in Cornelio Tacito, il massimo storico del principato. A Stalin, più sfortunato, è toccato Nikita Krusciov» . Cosa dovrebbe dire allora Cuccia?

Incroci pericolosi. Il problema legale di un potenziale conflitto di interessi, sollevato in vista della riunione del consiglio delle Generali, non sembra infondato. Molti consiglieri sono esponenti di uno o dell’altro fronte in lizza per la Comit. Vale per la compagnia triestina, ma anche per Mediobanca, UniCredito o per la stessa Comit. Un’eredità del passato, quando tutti erano imparentati con tutti. Forse solo in questi giorni si comincia a districare questa ragnatela. Un po’ di multipolarismo non può che far bene.

sabato, 20 marzo 1999

VIZI CAPITALI

Olivetti, scalate e Caterpillar

Dario Venegoni

Capitalismo ruspante. Per cogliere tutte le opportunità del gruppo Telecom cela in seno, ha detto Roberto Colaninno, ci vuole «amore per il rischio», oltre che «il coraggio e l’energia di un Caterpillar». Questa del Caterpillar è una trasparente auto-definizione. Molte altre se ne ricordano, nella storia finanziaria nazionale, e non tutte azzeccate. A cominciare dal «Very powerful chairman» di Rossignolo, proprio alla Telecom, per non risalire al memorabile «Sono venuto a fischiare la fine della ricreazione» di Carlo De Benedetti nella sfortunata scalata alla Sgb. Mostrarsi sicuri di sé, in simili circostanze, è essenziale. Ma se un consiglio ci fosse concesso di dare a Colaninno, sommessamente, gli diremmo di badare a non strafare.

Deutschland unter alles? Rolf Breuer, presidente della potente Deutsche Bank, è preoccupato. La politica del governo, dice, porta al «ridimensionamento della “reputazione” della Germania come punto di riferimento» dell’economia europea. Verrebbe quasi da rassicurare Herr Breuer: pensi che avevamo l’impressione opposta. Era dalla fine della guerra che gli interessi tedeschi non influenzavano tanto gli avvenimenti di casa nostra. Non è forse vero che buona parte delle discussioni sulla riorganizzazione del sistema bancario italiano dipendono anche dalla ricerca di nuovi equilibri tra la Commerzbank, l’Allianz e la stessa Deutsche Bank?

sabato, 13 marzo 1999

VIZI CAPITALI

Cardinale e i tempi rapidi

Dario Venegoni

Maxicedole. L’ultimo in ordine di tempo è l’Espresso, che ha annunciato (insieme a un raddoppio degli utili nel bilancio ’98) un dividendo in crescita da 230 a 325 lire, e una maxicedola aggiuntiva di ben 620 lire per azione. Quest’anno va di moda così: alcune società fanno regali agli azionisti (lo aveva deciso anche la Seat, il mese scorso). Il mercato, si direbbe, approva. All’indomani di questi annunci i titoli fanno registrare autentici balzi, che si giustificano in un’ottica speculativa di breve respiro. Ma in questo modo le società si depauperano, ed è evidente, anche se non sempre ammesso, che questi maxiregali rispondono essenzialmente alle esigenze (in altri business) degli azionisti di controllo. La logica del mercato di fatto ne esce stravolta. Se io investo capitali in una società è perché spero che essa li utilizzi in modo redditizio. Se gli amministratori mi restituiscono parte di quei soldi, tanto più se non mi dicono il perché, e se la società, come nel caso dell’Espresso, ha già una quota di debiti, è come se in qualche misura ammettessero di non saper fare il loro mestiere.

Chi va piano. Il ministro delle Comunicazioni Salvatore Cardinale ha annunciato «tempi brevissimi»: «Credo – ha detto – che entro la prossima settimana dovremmo essere in condizione di esprimere la nostra opinione» a proposito della cessione di Omnitel e Infostrada da Olivetti a Mannesmann. Si tratta dell’operazione cardine dell’Offerta pubblica d’acquisto del gruppo di Ivrea sulla T elecom, sulla quale si discute da settimane: senza quei soldi tutto il progetto dello «scalatore» Roberto Colaninno crollerebbe. Un classico caso di diversità di punti di vista: i «tempi brevissimi» del ministero sui mercati finanziari si leggono così: con calma e per piacere.

sabato, 6 marzo 1999

VIZI CAPITALI

Riarmo anticrisi e hamburger pronti al decollo

Dario Venegoni

Il riarmo. Il Giappone riparte dal riarmo. Per uscire dalla peggiore crisi economica degli ultimi 40 anni, che ha visto nel ’98 una caduta del Pil di oltre il 3,5%, il governo di Tokio punta su investimenti straordinari per oltre 15mila miliardi di yen. Cui ora si aggiunge l’opzione militare. La clausola costituzionale che vieta all’esercito operazioni all’estero, voluta dagli americani alla fine della guerra, verrà eliminata. E il Paese si appresta a dotarsi di uno scudo elettronico antimissili in funzione anticinese. Non siamo più all’acciaio e ai cannoni della Germania anni 30. Ma la sostanza è la stessa: sotto l’ombrello dell’orgoglio nazionale, con la rivalutazione della bandiera e dell’inno imperiale, il governo vara misure di sostegno all’industria elettronica chiamata a guidare la ripresa. Il mondo, assetato di scambi commerciali con l’Oriente, approva. Ma è un fatto: il nuovo millennio si avvicina con un grido di guerra di cui nessuno sentiva la mancanza.

Partire o restare? Anche il colosso americano degli hamburger McDonald’s si è dunque messo in fila per la conquista degli Aeroporti di Roma di imminente privatizzazione. Le sue referenze, per carità, sono ineccepibili. Nelle soste tra un volo e l’altro a Fiumicino non rimarremo certo digiuni. Ma il punto è un altro: il perfetto gestore di un grande aeroporto internazionale deve essere davvero bravo nell’intrattenerci a terra? Non sarebbe preferibile piuttosto un candidato determinato a farci partire il più in fretta possibile?

sabato, 27 febbraio 1999

VIZI CAPITALI

Perry mason e l’Opa

Dario Venegoni

Nell’era della globalizzazione vince il mercato. Il che vorrebbe dire, in teoria, che una società quotata in Borsa ha il prezzo che si merita, e che chi ha i soldi, se lo ritiene opportuno, può cercare di comprarsela offrendo il giusto agli azionisti. Nella pratica mi pare non funzioni così. All’Opa della Tecnost-Olivetti sulla Telecom non ha replicato un rilancio di qualcun altro, e poi magari di un altro ancora: sono bastate due cartelline di Guido Rossi inviate alla Consob, e l’Opa è stata momentaneamente congelata. In casa Gucci all’attacco di Arnault ha replicato l’autoscalata dei manager. Contrattacco di Arnault? Niente affatto: anche qui scendono in campo gli avvocati. Per il futuro fateci un favore: per consentirci di decidere come schierarci nelle prossime guerre finanziarie, indicate nel prospetto anche da che parte sta Perry Mason, così viaggiamo informati anche noi.

Stipendi in altalena. Il presidente della Fiat Paolo Fresco ha rivelato che la sua retribuzione è vincolata alla quotazione in Borsa del titolo: “Se cala del 10% guadagno il 10% in meno”. È una buona idea. Stando alle variazioni del solo 1999, in questo modo a festeggiare sarebbero soprattutto Carlo Caracciolo (Espresso), che avrebbe un assegno incrementato del 48%; Giancarlo Elia Valori (Autostrade) con un +60%; più di tutti Paolo Panerai (Class) con un ricco +241%. Sul fronte opposto sarebbero in molti a leccarsi le ferite: Alfonso Desiata (Alleanza) avrebbe uno stipendio tagliato del 18%; Luigi Orlando (Gim) e Leopoldo Pirelli (Pirellina) del 15; Francesco Cingano (Mediobanca) del 13.

sabato, 20 febbraio 1999

VIZI CAPITALI

Seat, le pagine d’oro

Dario Venegoni

Bravi, Otto più. Si chiama Seat l’affare dell’anno. Rilevato il 61,3% dei diritti di voto della società editrice delle Pagine Gialle il 25 novembre ’97 con un esborso totale di 1.658 miliardi, i nuovi azionisti di controllo riuniti nella Otto Spa hanno deciso la distribuzione di un maxi dividendo da oltre 2.000 miliardi (per pagare il quale la società si indebiterà per ben 1.300 miliardi). Nelle casse della Otto finiranno 913 miliardi, i155% di quanto speso poco più di un anno fa. Come dire che, per il controllo di un gruppo che vale in Borsa qualcosa come 7.300 miliardi di lire, i privatizzatori ne avranno spesi, a conti fatti, circa 746. «Quando lo stato vende, compra. Quando lo stato compra, vendi», recitava un vecchio adagio assai popolare in Borsa. Comit, De Agostini e Telecom, riuniti festanti nella Otto, non potranno lamentarsi della generosità dello stato venditore.

Volare, ohoh. Volano in Borsa gli scambi sui titoli Telecom, sospinti dalle voci di un’Opa da 120.000 miliardi. Volano le Bna, sospettate di un imminente cessione da parte della Banca di Roma. Volano le Gucci, contese tra Arnault e il management. In questa girandola di decolli i vertici di Mediobanca e Generali , volano come sensali a Madrid per convince il neonato gigante bancario iberico Bsch a Piantare il San Paolo di Torino e a sposare la Comit. E chissà se sull’aereo per la Spagna il presidente onorario di Mediobanca Enrico Cuccia e il presidente delle Generali Antoine Bernheim hanno trovato il tempo per parlare anche degli assetti di controllo della compagnia triestina. All’indomani dell’assalto alla Telecom, il Leone di Trieste sembra davvero un gioiello raro: tanto ambito quanto indifeso.

sabato, 13 febbraio 1999

VIZI CAPITALI

Cartelli in tv e regali ai pc

Dario Venegoni

Tv europea e bla bla nazionale. Noi qui ad accapigliarci sulle quote dei diritti del calcio in tv, e a vagheggiare di due piattaforme digitali. Loro là, belli tranquilli, a spartirsi il mercato continentale della pay-tv. La News Corp di Rupert Murdoch e Canal Plus smentiscono qualsiasi accordo di cartello (del tipo: ai francesi l’Italia, all’australiano la Germania), ma è un fatto che questa vicenda mette a nudo lo scarto imbarazzante tra il livello della decisione politica nazionale e quello di un business che nell’era della globalizzazione è quanto meno continentale. Fatta la moneta unica ha l’Europa qualcosa da dire in concreto sulle regole della costruzione del mercato europeo?

Olivetti regala. Triste ma scontato epilogo dell’affare personal computer a Ivrea. L’avvocato Edward “Chi-l’ha-visto?” Gottesmann si ritira, a due anni esatti dalla comparsa alla testa di una misteriosa cordata di imprenditori. E la OP computers torna in alto mare: nel ’98 ha fatturato meno di 800 miliardi e ne ha persi, si dice, almeno 100. Ora il presidente Roberto Schisano, succeduto a Gian Mario Rossignolo, pensa di rilevare l’azienda e chiede appoggi a destra e a manca. La Olivetti di Roberto Colaninno, generosamente, ha abbuonato alla OP 88 miliardi di crediti ed è pronta a prestare ai manager i 50 miliardi necessari a iniziare la nuova avventura. Bel gesto, per carità. Ma un dubbio viene: non è che per caso quel «regalo» era già negli impegni sottoscritti due anni fa con il fantomatico Gottesmann? E così, tanto per sapere: ci sono altri impegni di questo genere che i soci di Ivrea hanno sottoscritto senza saperlo?

sabato, 06 febbraio 1999

VIZI CAPITALI

Mercato e Guinness dei privati

Dario Venegoni

Centrali e centralismo. I vertici dell’Enel alzano un fuoco di sbarramento contro l’ipotesi di fare a pezzi il gigante elettrico per creare spazio ai nuovi competitori. E subito ne nasce un caso: può concepirsi una privatizzazione senza liberalizzazione? No, insorgono tutti: è una regola del mercato! Ma allora, che dire del caso Parmalat? Calisto Tanzi aveva già conquistato le centrali del latte di Como, Genova, Bergamo, Monza e Busto Arsizio. Ma non era riuscito a comprare quella di Ancona e soprattutto quella di Roma, che gli erano state soffiate dalla Cirio di Sergio Cragnotti. Cosa ha fatto Tanzi? Si è pappato la stessa divisione latte della Cirio. In questo caso, dunque, la privatizzazione delle municipalizzate spiana la strada a un monopolio. Centrali del latte invece di centrali elettriche, sempre monopolio è. O a Giuseppe Tesauro, presidente dell’antitrust, risulta diversamente?

Il Guinness. Qualcuno ha messo sul piatto in un sol colpo la bellezza di 650 miliardi per comprare lo 0, 75% di Telecom. La corsa al controllo del gigante telefonico è stata lanciata e può dirsi ormai definitivamente tramontato il modello del “capitalismo senza capitali” caro a tanta parte del mondo imprenditoriale italiano e sposato di fatto nell’ottobre ’97 anche dal ministro Carlo Azeglio Ciampi: il modello delle azioni che “si pesano”, che non era mai stato applicato tanto efficacemente come nel caso Telecom. Quando mai era successo infatti che qualcuno conquistasse tanto potere in un gruppo di quelle dimensioni con un investimento tanto modesto? Quella era roba da Guinness: il Guinness dei privati.

Medaglia d'Oro al Valor Militare

Motivazione della Medaglia d’Oro al Valor Militare alla memoria di Mauro Venegoni:

Venegoni Mauro, nato a Legnano (Milano) il 4 Ottobre 1903. Ardente patriota era tra i primi a costituire le formazioni partigiane nella sua zona partecipando con esse per oltre un anno a numerosi combattimenti, sempre distinguendosi per capacità e coraggio. Catturato veniva sottoposto alle più atroci torture, ma nulla rivelava che potesse tradire i commilitoni e la Resistenza. La sua indomabile fede non veniva scossa nemmeno allorché il nemico ne straziava barbaramente il volto ed il corpo, accecandolo prima e poi uccidendolo. Luminoso esempio di sublime sacrificio e di ardente amor di Patria. Valle Olona – Busto Arsizio, 8 Settembre 1943 – 31 Ottobre 1944“.

I solenni funerali di Mauro

Il 25 ottobre 1945, a un anno quasi esatto dal martirio di Mauro, il corpo martoriato del caduto viene accompagnato con un interminabile corteo a Busto Arsizio e infine a Legnano, dove viene sepolto nel campo del cimitero riservato ai partigiani. Il feretro è seguito da un’enorme folla, in un clima di vivissima emozione. Diversi decenni dopo prima  Pierino (scomparso nel 1965) e poi Carlo (morto nel 1983) saranno sepolti accanto al fratello ucciso dalle camicie nere

Il cippo sul luogo del ritrovamento del corpo

Sul luogo dove il corpo martoriato di Mauro fu abbandonato, sulla strada tra Cassano Magnago e Legnano, sorge un cippo commemorativo. Tutti gli anni, nella domenica più vicina al 31 ottobre, centinaia di persone si ritrovano in una manifestazione unitaria antifascista.

La "vacanza" di Mauro a Istonio

Mussolini? Non ha mai ammazzato nessuno.
Al massimo mandava la gente a fare vacanza al confino

Silvio Berlusconi, settembre 2003

Nelle lettere ai fratelli, Mauro minimizza  le difficoltà della sua vita di internato, ma il resoconto che fa della sua vita non lascia molto spazio ai dubbi. Impossibilitato a lavorare, il recluso è costretto a vivere con un sussidio di 6,50 lire al giorno, che non gli garantisce neppure il minimo indispensabile. Ed è costretto ad attingere alle sue povere riserve, e in particolare alla liquidazione che la Caproni – fabbrica milanese di aerei – è stata infine costretta a versargli, dopo averlo licenziato a causa dell’arresto. Così Mauro scrive il 10 novembre 1940 al fratello Guido:

Io qui continuo a star bene e la salute è ottima. Come già saprai, mi passano £ 6,50 al giorno di ‘mazzetta’ e con queste sono abbonato a due pasti – mezzogiorno e sera -. al Ristorante Nettuno – il quale pasto si compone di una minestra (una fondina) e di una piccola (o polpetta, o spezzatini, o pesce o formaggi o altro, con qualche po’ d’insalata) e un pezzo di pane. Io ora son fortunato che dispongo della liquidazione della Caproni la quale mi servirà per 5-6 mesi ancora a integrare quello che è indispensabile per il nutrimento normale. Spendo in media £ 3 – 3,50 al giorno, compero qualche cosa per far colazione alla mattina, perché a stare dalle ore 18 della sera fino al mezzogiorno del giorno avanti senza ingerire nulla nello stomaco è troppo lunga; fumo per 1 lira al giorno di sigarette e prendo un quarto di vino per pasto, di modo che vengo a spendere (a stare bene abbottonati) una media di 100 lire al mese dei miei.
“Questo mi aiuta molto a stare in salute. Quando saranno finiti… pazienza!”

Un sorriso dal campo di concentramento

Arrestato l’11 giugno 1940 alla Caproni di Milano, dove lavorava, Mauro è inviato al campo di concentramento fascista di Istonio Marina (Vasto, in Abruzzo). La Caproni lo licenzia immediatamente, e non gli paga nemmeno gli stipendi maturati. Mauro rimarrà a Istonio fino al gennaio 1941, quando il direttore del campo scoprirà una organizzazione clandestina da lui diretta insieme a Angelo Pampuri, un altro internato. I due saranno immediatamente trasferiti in punizione al campo di concentramento delle Tremiti, dove Mauro rimarrà segregato fino all’agosto del 1943. Nell’estate del 1940 Mauro invia alla famiglia da Istonio questa foto, nella quale ha quasi l’aria di un villeggiante. Una vela che passa sul mare sembra una piuma del suo cappello; un sorriso gli illumina il volto. A dispetto di questa immagine tranquillizzante, però, le condizioni di vita di Mauro nel campo sono assai dure: praticamente senza risorse economiche, egli fatica a mettere insieme due pasti al giorno. La sua magrezza testimonia delle difficoltà di quegli anni.

In carcere anni di studio fecondo

Per Mauro i lunghi anni del carcere sono molto duri. Le condizioni della famiglia impediscono qualsiasi viaggio fino a Civitavecchia, dove si trova, per una visita. Carlo è in carcere a Portolongone, e i contatti tra i due fratelli sono spesso impediti dai sequestri delle lettere da parte delle rispettive direzioni del carcere. Sono però anche anni di studio fecondo: l’operaio legnanese, che ha imparato il francese nell’emigrazione e che ha condotto uno studio disordinato, da autodidatta, riesce a sfruttare gli anni della forzata inattività per uno studio intenso della storia, della filosofia, della letteratura. Dalla biblioteca del carcere attinge a una serie di grandi classici: Mauro fa sul serio, e non si accontenta di rapide antologie.

Primo presidente dell' ANPI di Legnano

Per vent’anni Pierino Venegoni fu presidente della sezione dell’ANPI di Legnano, intitolata al fratello Mauro, trucidato nel 1944 dalle Camicie nere. In questa immagine vediamo la sua firma in calce alla tessera dell’Associazione partigiana , rilasciata nel 1947 al fratello Carlo.

Il primo comizio della libertà a Legnano

Carlo Venegoni parla al legnanesi da un balcone che dà sulla centralissima Piazza San Magno, al termine della sfilata partigiana. E’ uno dei primissimi comizi dopo la ritrovata libertà. Il palazzo del comizio esiste ancora, così come la farmacia, ancora al suo posto dopo tanti decenni:

La sfilata della liberazione

Guido (a sinistra, con il berretto), Carlo (al centro) e Pierino (a destra della foto) guidano nei primi giorni di maggio del 1945 la sfilata della liberazione che attraversa la loro città, Legnano. Nel tripudio generale sembrano quasi non gioire della ritrovata libertà che pone fine a un intero ventennio di persecuzioni e di privazioni: sono passati solo 6 mesi dall’uccisione di Mauro, e il ricordo di tutti va al fratello selvaggiamente torturato e poi ucciso dalle camicie nere. Al termine del corteo Carlo parlerà nella piazza principale della città: la prima esperienza di democrazia dopo la lunga notte della dittatura.

Coi metalmeccanici in piazza del Duomo

Milano, piazza del Duomo, fine anni Sessanta. Guido Venegoni alla testa di un piccolo gruppo di militanti della FIOM CGIL che portano nel centro le ragioni dello sciopero dei metalmeccanici. Sui cartelli le motivazioni che hanno spinto allo sciopero la categoria, e un appello alla solidarietà.

L' arresto a Vimercate, 11 novembre '44

L'arresto di Guido Venegoni, Eliseo Galliani, Mario Fumagalli

Dai ricordi di Mario Fumagalli: “I partigiani di Ornago, Agrate, Omate, Cambiago e Bellusco”)

L ’11 novembre 1944, in mattinata, nella trattoria del “Valentino”, nei pressi della stazione tranviaria di Vimercate, fummo arrestati io, Guido Venegoni (“Rai”) ed Eliseo Galliani (“Leo”, “Andrea”), classe 1911, di Biassono. Io ricordo benissimo che quell’appuntamento fra noi era stato fissato per esaminare la situazione dell’organizzazione militare della 103a brigata, in quanto dovevano essere sostituiti i due comandanti. La mia presenza era giustificata: in quanto dovevo accompagnare all’appuntamento Guido Venegoni, che era sfollato, sotto falso nome, a Cavenago di Brianza, in via Garibaldi.

Mentre Guido Venegoni ed Eliseo Galliani stavano consultando su un foglio lo schema della nostra brigata, il padrone del negozio ci avvisò che stavano avvicinandosi i fascisti. Si fece appena in tempo a buttare il foglio sul fuoco del camino, che nel locale entrarono i militi della Guardia Nazionale Repubblichina di Vimercate, dichiarandoci in arresto. Il padrone dell’osteria fece anche in tempo ad avvisare del pericolo due partigiani che stavano per recarsi all’appuntamento: uno di loro (nome di battaglia “Rossi”), commissario di tutta la zona e il partigiano “Gigi” Radaelli di Trezzo d’Adda.

Noi tre fummo portati nella Caserma di Vimercate, ove iniziarono gli interrogatori di riconoscimento. In cella, il Galliani mi passò un caricatore intero che aveva ancora con sé; io lo infilai in uno dei miei scarponcini e, dopo aver chiesto di andare ai servizi lo gettai nello scarico. Anche il Venegoni fece sparire dei bigliettini compromettenti, sminuzzandoli e masticandoli. Il Venegoni era da pochi mesi che operava nel Vimercatese (proveniva da un’altra zona, sotto il falso nome di Aldo Frigerio). In caserma i fascisti scoprirono che era di Legnano e fratello di Mauro Venegoni trucidato dai fascisti qualche settimana prima.

A Vimercate siamo stati prelevati dal capo della brigata nera “Montagnoli” di Legnano per essere là fucilati, per rappresaglia, nella Piazza San Magno. Due o tre giorni prima della cattura, un commando di partigiani aveva attaccato diversi posti di blocco a Legnano, a Rho e a Nerviano. A tali azioni aveva partecipato anche il gappista Alberto Gabellini. Nella caserma di Legnano abbiamo sentito i fascisti che dicevano di essere stati informati che tra noi c’era un “colonnello” dei partigiani.

La matricola di Ada Buffulini Bolzano

A Bolzano uomini e donne diventavano numeri. Questi sono il triangolo rosso di deportata politica e il numero di matricola di Ada Buffulini, che nel dopoguerra diverrà la moglie di Carlo Venegoni. L’originale, ritrovato recentemente dopo decenni, si trova ora presso l’Archivio della Fondazione Memoria della Deportazione di Milano.

Il verbale dell'arresto inviato alla Gestapo

"Se ne raccomanda l'invio in campo di concentramento"

GUARDIA NAZIONALE REPUBBLICANA
Comando Provinciale di Milano

N. 12275/RS/S. di Prot.
U.P.I.

Milano, 2 settembre 1944 XXII

Oggetto: denuncia

Indirizzi Omessi

Questo ufficio Politico Investigativo

Premesso

che in una perquisizione eseguita nella tipografia “LA MILANESE” in Milano, via Carlo Farini 5, si rinvenivano, provvedendo al loro sequestro, giornali e stampe sovversive nonchè licenze per militari, permessi di circolazione “Z” per autoveicoli e clichès con stampigliature” di caratteri sovversivi;

che si provvedeva quindi al fermo di tali POZZOLI Enrico, proprietario della tipografia, COLOMBO Ambrogio, operaio addetto, e GIUDICI Carlo, operaio della FALCK;

che il POZZOLI ha ammesso di aver provveduto, sin dal 10 settembre I943 e di comune accordo col suo operaio COLOMBO Ambrogio, alla stampa nella sua tipografia, per incarico di un certo ROSSI non meglio identificato di alcuni numeri dei giornali “IL LAVORATORE”, “IL COMBATTENTE”, “L’UNITA”, l’opuscolo “I PRINCIPI DEL LENINISMO”, nonchè “Z” false per la circolazione degli autoveicoli e fogli di licenza falsi per militari; e, per conto sempre del ROSSI, il POZZ0LI avrebbe dovuto stampare blocchetti di ricevute del P.C.I .(Partito Comunista Italiano), libretti di viaggio per autoveicoli, nonchè tessere annonarie per tabacchi;

che il GIUDICI Carlo si rivelò poi in effetti come VENEGONI Carlo di Legnano, ex membro del comitato direttivo della Camera del Lavoro di Torino, già condannato dal Tribunale Speciale per la difesa dello Stato e già internato politico,

Denuncia

a codesta Direzione di Polizia Politica:

POZZOLI Enrico fu Francesco e fu Restelli Luigia nato a Niguarda il 19 febbraio 1895, coniugato, con due figli, tipografo, ariano, cattolico, domiciliato a Triuggio (fra. Zuccone) con tipografia in via Carlo Farini,5,

COLOMBO Ambrogio, di Angelo e di Lunghini Paolina, nato a Milano il 29.10.1911, coniugato con 1 figlio, tipografo, ariano, cattolico, domiciliato a Milano in via A. Volta 19,

VENEGONI Carlo di Paolo e di Stefanetti Angela, nato a Legnano il 7.5.902, residente a Legnano in via Magenta 41, falegname , celibe, ariano, cattolico, condannato politico,

colpevoli tutti dei reati previsti e puniti dagli art. 305, 110, C.P. 144 C.P.M.G., e dagli art. 249, 266, 270, 82, 81 e 58 C.P., per essersi associati onde cospirare politicamente, per aver concorso reati di diserzione stampando licenze false per militari, per aver concorso stampando appositi blocchetti al sovvenzionamento delle bande armate operanti contro la Repubblica Sociale Italiana, per avere, mediante la stampa delle licenze, agevolato militari a disobbedire alle leggi, per avere concorso nel reato di costituzione ed organizzazione di associazioni sovversive, per avere inoltre contraffatto documenti di autorizzazione per la circolazione di autoveicoli e per avere infine stampato clandestini fogli sovversivi; il tutto con l’aggravante della continuazione.

Gli stessi sono stati associati al locale carcere giudiziario a disposizione di codesta Direzione di Polizia Politica e, quali elementi colpevoli in linea politica e pericolosi per la sicurezza interna, vengono proposti per l’invio in un campo di concentramento.

Si propone che gli imputati vengano nuovamente sottoposti a interrogatori da Codesta Direzione onde cercare di apprendere la vera identità del Rossi che al Pozzoli risulterebbe sconosciuto.

Si allegano i verbali degli interrogatori degli imputati, nonché stampa sovversiva e fogli manoscritti ulteriormente rinvenuti, da aggiungersi ai corpi di reato già depositato presso codesta Direzione.

IL DIRIGENTE L’UFFICIO POLITICO INVESTIGATIVO

F/to Magg. Bossi Ferdinando

IL DIRIGENTE L’UFFICIO POLITICO INVESTIGATIVO

F/to Magg. Bossi Ferdinando

p. c. c.

Il Questore

(Firma illeggibile e timbro della Questura Repubblicana Milano)

Originale presso l’Archivio di stato di Milano, Fondo Gabinetto di Prefettura, II Versamento, cartella 401

Insieme per sempre

Prima di morire Pierino e Carlo Venegoni hanno chiesto di essere sepolti insieme al fratello Mauro nel settore del cimitero di Legnano riservato ai Caduti partigiani. Il loro desiderio è stato esaudito. Le spoglie di Guido sono lì a due passi, accanto a quelle della moglie, della sorella Gina e dei genitori.

L'attività di Ada Buffulini a Bolzano

Uno dei messaggi scritti dall’interno del campo di Bolzano da Ada Buffulini, per lunghi mesi coordinatrice del comitato clandestino di resistenza. Ada, medico, era assegnata all’infermeria del Lager e godeva di una relativa libertà di movimento. Conosceva molto bene il tedesco, e questo le facilitava i rapporti con la gerarchia del campo.  Per mesi, dal settembre 1944 al gennaio 1945 ha organizzato dall’interno l’invio di viveri e indumenti agli internati più bisognosi (i pacchi di cui si parla anche in questo biglietto), specie in vista dei trasporti verso la Germania (“la partenza” cui si fa cenno all’inizio del messaggio).
Scoperta l’organizzazione i suoi componenti più in vista furono richiusi nelle “celle”, il carcere del Lager, in vista della deportazione in Germania. I bombardamenti alleati sulla linea del Brennero interruppero però i collegamenti ferroviari col nord, e Ada restò nelle famigerate celle fino alla liquidazione del Lager, tra la fine di aprile e i primi di maggio del 1945.

I messaggi di Ada erano indirizzati a Ferdinando Visco Gilardi (nome “di battaglia”: Giacomo), che dall’esterno coordinava l’attività di assistenza. Visco Gilardi fu a sua volta arrestato, torturato e rinchiuso nelle celle. Ma aveva nascosto in luogo sicuro i biglietti ricevuti da Ada, da Laura Conti e dagli altri coraggiosi animatori del comitato clandestino. In questo modo questa straordinaria corrispondenza è giunta fino a noi.Scoperta l’organizzazione i suoi componenti più in vista furono richiusi nelle “celle”, il carcere del Lager, in vista della deportazione in Germania. I bombardamenti alleati sulla linea del Brennero interruppero però i collegamenti ferroviari col nord, e Ada restò nelle famigerate celle fino alla liquidazione del Lager, tra la fine di aprile e i primi di maggio del 1945.

La fuga dal Lager di Bolzano

Anche dall’interno del campo di Bolzano, Carlo riesce a mantenere i collegamenti con il suo gruppo, a Legnano, attraverso un fitto scambio di biglietti affidati a deportati che andavano a lavorare all’esterno. Costoro, con grandissimo rischio personale, eludendo la sorveglianza delle SS, consegnavano i biglietti clandestini a lavoratori liberi, e questi infine li recapitavano a chi di dovere. Grazie a questi contatti Carlo organizza in poche settimane la propria fuga.
Il piano è apparentemente semplicissimo. Ma in caso di fallimento, come molti drammatici episodi hanno dimostrato, la pena è la tortura e la morte per mano degli aguzzini del Lager.

Il 25 di ottobre falsi agenti si presentano al campo di Bolzano, con un ordine di trasferimento per il detenuto Carlo Venegoni. I documenti sembrano in ordine, e le SS rilasciano il prigioniero. Una macchina attende a poca distanza: la fuga è riuscita, in poche ore Carlo è di nuovo a Milano. Del tentativo ovviamente nessuno era stato in precedenza messo al corrente. Nemmeno Ada, che scrive a Visco Gilardi un biglietto in cui dimostra di avere sostanzialmente compreso quanto è avvenuto. I due non si rivedranno che il 25 settembre 1945, diversi mesi dopo la fine della guerra. Il biglietto clandestino scritto da Ada a Visco Gilardi è importante da molteplici punti di vista. Intanto dimostra la efficienza del sistema di comunicazione da dentro a fuori il campo (e viceversa) organizzato dalla Resistenza a Bolzano: i messaggi nelle due direzioni sono quasi quotidiani. In secondo luogo testimonia dello sforzo immane che l’organizzazione clandestina fa per fornire di soldi (5M sta evidentemente per 5.000 lire di allora, il 1944!), di abiti e alimenti (i pacchi menzionati alla fine) i deportati che rischiavano ogni giorno di partire per la Germania. Infine perché conferma che Ada, futura moglie di Carlo, del tentativo di fuga non sapeva alcunché. Il che non le impedì di comprendere quanto era davvero avvenuto, e cioè che Carlo aveva organizzato la fuga con la propria organizzazione (“Certi suoi amici”, scrive Ada).

Un legnanese a Messina

La foto segnaletica di Mauro, scattata nei locali della Questura al momento dell’arresto, mostra un giovane precocemente invecchiato. Mauro dimostra più dei suoi 29 anni scarsi. Le privazioni, il durissimo lavoro, la lunga clandestinità lo hanno logorato.

ALL’UFFICIO DI PUBBLICA SICUREZZA DI LEGNANO

In esito al foglio sopradistinto comunicasi che l’individuo in oggetto risulta di buona condotta morale. Non così può dirsi per la condotta politica, in quanto risulta uno dei più ferventi comunisti di Legnano, e tale sua idea tuttora ostinatamente e apertamente professa.
Occultamente svolge attiva propaganda sovversiva fra i suoi compagni di fede. È individuo molto scaltro, sfugge sempre alla sorveglianza degli Agenti della forza pubblica ed alle responsabilità penali in virtù soltanto della sufficiente scaltrezza di cui è dotato.
È nemico acerrimo del Regime e del Governo Fascista, contro il quale esercita una intensa propaganda.
Di mestiere lattoniere potrebbe lavorare a Legnano, magari anche per proprio conto, ma preferisce emigrare e lavorare in grandi stabilimenti ove, essendo meno vigilato – perché poco conosciuto alla Polizia – può svolgere intensa propaganda fra la numerosa massa operaia.
È politicamente individuo veramente pericoloso all’Ordine Nazionale, e quindi si esprime parere favorevole affinché venga assegnato al confino, giusta il disposto dell’Articolo 184 della nuova legge di Pubblica Sicurezza.
IL TENENTE
COMANDANTE DELLA TENENZA

(Amisano Giuseppe)

 

Visco Gilardi sarà infine scoperto nel dicembre 1944, torturato dalle SS e rinchiuso egli stesso nel campo. Il suo posto sarà preso però subito da Franca Turra*, che sotto il nome di copertura di “Anita” tirerà le fila del lavoro di un gruppo di coraggiosi che proseguirà il lavoro di assistenza ai deportati fino alla liberazione del Lager. Ada trascorrerà gli ultimi mesi della guerra nelle celle, le orribili prigioni del Lager, dove ogni notte sfogavano i loro istinti sadici le due famigerate SS ucraine, Michael Seifert e Otto Sein. Carlo, invece, già alla fine di ottobre del 1944 riesce a organizzare la propria fuga e a tornare a Milano.

La resistenza nel Lager di Bolzano

Carlo e Ada si impegnano immediatamente in una attività clandestina di resistenza: nel comitato lei rappresenta il PSI e lui il PCI. Con loro ci sono anche il rappresentante cattolico e quello liberale, come nel CLN. Attraverso un fitto scambio di corrispondenza, gestito a rischio della vita da un nutrito gruppo di persone, l’organizzazione clandestina interna tiene i collegamenti con Ferdinando Visco Gilardi, che coordina l’attività di assistenza da fuori su incarico del CLN di Milano.

Il libro matricola di San Vittore

Il libro matricola di San Vittore, conservato in originale all’Archivio di Stato di Milano, spiega passo passo il tragitto – davvero brevissimo – che un detenuto politico italiano compiva dall’arresto ad opera delle autorità repubblichine alla partenza per i Lager nazisti. Carlo, si legge, è stato arrestato a Milano il 28 agosto ’44 e fino al 3 settembre è stato trattenuto dall’UPI – l’Ufficio Politico Investigativo. Il 3 settembre è entrato a San Vittore e immatricolato col numero 5627.  Il 6 settembre, “in seguito a un ordine del Comando Tedesco” è trasferito a disposizione della Gestapo nel reparto tedesco. Basta, i repubblichini avevano esaurito il loro compito, e da quel punto in avanti si disinteressavano del detenuto.

"Acerrimo nemico del Regime" (Originale all'Archivio di Stato di Milano)

(Originale all'Archivio di Stato di Milano)

LEGIONE TERRITORIALE DEI CARABINIERI REALI DI MILANO

Risposto al foglio N° 239 dell’11 Dicembre 1926
Oggetto: Mauro Venegoni di Paolo e di Stefanetti Angela

 

ALL’UFFICIO DI PUBBLICA SICUREZZA DI LEGNANO

In esito al foglio sopradistinto comunicasi che l’individuo in oggetto risulta di buona condotta morale. Non così può dirsi per la condotta politica, in quanto risulta uno dei più ferventi comunisti di Legnano, e tale sua idea tuttora ostinatamente e apertamente professa.
Occultamente svolge attiva propaganda sovversiva fra i suoi compagni di fede. È individuo molto scaltro, sfugge sempre alla sorveglianza degli Agenti della forza pubblica ed alle responsabilità penali in virtù soltanto della sufficiente scaltrezza di cui è dotato.
È nemico acerrimo del Regime e del Governo Fascista, contro il quale esercita una intensa propaganda.
Di mestiere lattoniere potrebbe lavorare a Legnano, magari anche per proprio conto, ma preferisce emigrare e lavorare in grandi stabilimenti ove, essendo meno vigilato – perché poco conosciuto alla Polizia – può svolgere intensa propaganda fra la numerosa massa operaia.
È politicamente individuo veramente pericoloso all’Ordine Nazionale, e quindi si esprime parere favorevole affinché venga assegnato al confino, giusta il disposto dell’Articolo 184 della nuova legge di Pubblica Sicurezza.
IL TENENTE
COMANDANTE DELLA TENENZA

(Amisano Giuseppe)

 

Il giorno del matrimonio tra Ada e Carlo

Per 5 anni, dal 1943 e il 1947, Ada Buffulini ha tenuto un diario quotidiano. Questo diario è oggi un documento straordinario che testimonia di una passione senza limiti, che conduce Ada prima a impegnarsi in numerosissime attività politiche e culturali, poi a entrare in clandestinità per lavorare a tempo pieno per la Resistenza fino all’arresto, il 4 luglio 1944, in una casa milanese, e alla deportazione nel campo di Bolzano. Liberata alla fine della guerra, Ada riprende l’attività professionale di medico e il suo lavoro politico. E’ un impegno che non lascia spazio a null’altro, neppure a un minimo di vita privata. Il diario registra gli avvenimenti del 4 luglio 1946, giorno del matrimonio tra Ada e Carlo a Legnano: è un giorno praticamente come gli altri, con la giornata scandita da una serie di impegni politici, fino a notte.
Il particolare del diario di Ada Buffulini, con le annotazioni del 4 luglio 1946: tra una riunione e l’altra, anche il giorno del matrimonio è quasi un giorno come tutti gli altri. “Giovedì 4 luglio 1946 – Ore 8,30 matrimonio a Legnano. Ritorno subito a Milano; pranzo rist. da sola; pom. da Lisli (esponente socialista,  moglie di Lelio Basso, NdR) poi in federazione; cena in latteria; sera assemblea Porta Vittoria; notte a casa con Carlo”.

Il giorno dell'arresto di Ada

Il 4 luglio 1944 Ada Buffulini andò in casa di Maria Arata per un incontro con un gruppo di giovani desiderosi di conoscere l’organizzazione e le idee del Partito socialista clandestino. Una riunione a rischio, con giovani di cui non si sapeva molto. Ma non si potevano deludere le aspettative di un gruppo che avrebbe potuto in seguito dare un contributo importante al partito in un momento tanto delicato. Ada si presentò all’appuntamento, che si rivelò fatale: qualcuno aveva parlato troppo, o una spia aveva lavorato bene. Fatto sta che l’intero gruppo fu arrestato e condotto a San Vittore. Nel libro matricola di San Vittore (il cui originale è conservato all’Archivio di stato di Milano) c’è la scheda di Ada, da lei controfirmata. Ada è “isolata”, a disposizione dell’Ufficio Investigativo. La scheda successiva, di cui si vedono solo le prime righe, è quella di Maria Arata.

1940: Campo di concentramento di Colfiorito

Carlo Venegoni (il primo da sinistra) nel campo di concentramento di Colfiorito (PG) nel settembre 1940, insieme a altri 8 detenuti. Si riconoscono, da sinistra a destra, in piedi: Carlo Venegoni, Lelio Basso, Dario Fieramonte, Ugo Fedeli, Tarcisio Robbiati. Eugenio Musolino; in basso: Agostino Fumagalli, Luigi Meregalli e Vito Bellaveduta. Attorno a questa fotografia, ripresa dalla mostra dedicata ai 4 fratelli Venegoni, si è sviluppato il progetto delconvegno storico del 4 novembre 2003 a Foligno (PG). Gli atti di quel convegno sono ora pubblicati: Olga Lucchi (a cura di), Dall’internamento alla libertà, il campo di concentramento di Colfiorito, Editoriale Umbra/ISUC, Foligno 2004.