Mauro Venegoni
Medaglia d’oro alla resistenza
Nato a Legnano il 4 ottobre 1903, è stato ucciso dalle camicie nere a Busto Arsizio (Varese) il 31 ottobre 1944.
Anch’egli come il fratello Carlo, è assunto in fabbrica come operaio a 12 anni. Nel 1917, ad appena 15 anni, entra con il fratello nella gioventù socialista e nel ’21 nel PcdI. In prima fila nella lotta antifascista, partecipa nel 1922 ai funerali di Giovanni Novara, giovane sindacalista assassinato dagli squadristi legnanesi. Ripetutamente e ferocemente perseguitato dai fascisti, nel 1923 si trasferisce a Milano e lavora alla Caproni. Nel 1924 ha lunghe frequentazioni con Gramsci, e scrive diverse “corrispondenze operaie” per l’Unità.
Le aggressioni e l'arresto
Membro del Comitato sindacale nazionale comunista, più volte aggredito dagli squadristi, fermato e arrestato; alla fine del 1926 i Carabinieri di Legnano lo propongono per il confino, accompagnando la richiesta con un rapporto che è un inno alla sua tempra di militante antifascista. La richiesta viene lasciata cadere perché nel 1927 è incarcerato per 15 mesi con il fratello minore Pierino. Deferito al Tribunale Speciale, è infine assolto per insufficienza di prove.
Nel 1929 espatria in Francia, dove lavora come operaio alla Citroen. Nel 1930 viene inviato dal Centro di Parigi alla scuola leninista di Mosca. Ritornato in Francia e inviato in missione in Italia, nel maggio 1932 viene arrestato in Sicilia e condannato a cinque anni di reclusione, che sconta in gran parte a Civitavecchia. Sono anni di privazioni, di solitudine, ma anche di studio fecondo.
L'internamento
L’11 giugno 1940 (il giorno successivo all’entrata in guerra dell’Italia) è internato nel campo di Istonio Marina (l’attuale Vasto, in provincia di Chieti), dove è costretto a una vita di privazioni. A Istonio organizza subito un comitato clandestino di resistenza. Scoperto, è trasferito in punizione alle Tremiti, dove per le sue posizioni antistaliniste è radiato dal collettivo del partito.
Liberato dal campo di concentramento delle Tremiti solo nell’agosto 1943, si impegna immediatamente nelle lotte operaie nell’Alto Milanese e dopo 1’8 settembre organizza e dirige il movimento sappista prima nell’Olonese e poi nel Vimercatese conquistandosi, nonostante la sua condizione di radiato, la stima e la fiducia dei militanti comunisti di base.
Catturato casualmente dai fascisti a Busto Arsizio, viene torturato e poi assassinato il 31 ottobre 1944. Il suo corpo è gettato in un campo a Cassano Magnago – dove oggi sorge un cippo commemorativo – e quindi sepolto in tutta fretta dalle autorità fasciste sotto il nome di Raimondi (il nome dei suoi documenti falsi). In questo modo i repubblichini cercano di occultare le orrende mutilazioni alle quali Mauro era stato sottoposto dai suoi carnefici, nel vano tentativo di strappargli informazioni sull’organizzazione partigiana della zona. Il corpo di Mauro sarà riesumato nell’ottobre 1945 e portato tra due ali di folla al cimitero di Legnano, per essere sepolto nel campo dei caduti partigiani.
Nel dopoguerra gli è stata conferita la Medaglia d’Oro al Valor Militare alla memoria.
Ai funerali di una vittima dei fascisti
Il 17 luglio dei 1922 Mauro non ha ancora compiuto 19 anni, ma è già uno degli antifascisti più in vista nella sua città, e ha già dovuto subire più di una volta gli attacchi delle squadracce, che in qualche caso gli hanno procurato serie ferite. La foto lo coglie nelle prime file dell’immenso corteo funebre che accompagna al cimitero Giovanni Novara, sindacalista assassinato dai fascisti in pieno giorno. Alla marcia su Roma mancano ancora pochi mesi.