Anche l’altra volta, adesso me lo ricordo, era successo a ridosso del Capodanno. Allora erano due ragazzi, li ho visti allontanarsi ridacchiando con passo svelto. Un secondo ancora e poi l’esplosione del grosso petardo dentro la campana della raccolta dei vestiti usati della Caritas. Il fuoco allora aveva covato per giorni dentro la campana, dalla quale ha continuato a uscire un fumo puzzolente.
Questa volta non ho visto come son andate le cose. Vedo solo la bocca della campana annerita dal fuoco e il contenitore sventrato, con i vestiti usati che si bagnano alla pioggia.
Adesso come allora è uno spettacolo che ferisce. Lo scherzo idiota di un povero di spirito colpisce in definitiva i più poveri, persone alle quali quegli abiti usati potrebbero fare comodo, nel freddo di questo inverno. E colpisce la Caritas, che questa raccolta promuove e gestisce attraverso la sua rete dei volontari. Adesso come allora mi chiedo che gusto ci sia nel prendersela con i più indifesi.
Chi sarà stato? Chi ha sparato così forse l’ultimo botto delle feste? I due che ho visto l’altra volta mi erano sembrati due ragazzi comuni, vestiti con quelle tenute alla moda delle periferie, una moda simil-griffata da vorrei-ma-non-posso. Giurerei certo non due ricchi. Il loro era presumibilmente un gesto di piccolo razzismo da due soldi, perché quegli abiti vanno in definitiva ai “negri”, e a loro i “negri”, gli immigrati, non piacciono. Non rigano le Mercedes parcheggiate nella piazza, perché loro in fondo le Mercedes le amano, invidiano quelli che ce l’hanno, e sperano, sognano, vagheggiano di averne una anche loro un giorno.
I poveri, quelli no, devono morire. Sbaglierò, ma vedo dietro questa “stupida ragazzata” un segno inquietante del razzismo strisciante che ormai ci circonda. Esagero?