Un ragazzo ha in braccio una giovanissima, pallidissima, quasi cadaverica. La scarica di malagrazia su una panchina, a pochi metri dalla macchina che ha frettolosamente parcheggiato. La ragazzina è tutta scomposta, assai poco coperta dai vestitini coi quali forse si trovava figa, prima di uscire a ubriacarsi con gli amici.
Abbandonata la compagna lì, il ragazzo si volta verso di me e mi chiede se ho un fazzoletto. No, mi spiace, non ce l’ho, dico, e quello si volta di scatto bestemmiando: “Quella cretina proprio in macchina mi doveva scatarrare. Guarda qua! E adesso chi lo sente mio padre?!”.
Ci ho messo un po’ a realizzare che il fazzoletto non era per la ragazzina, buttata sulla panchina così malamente, ma per pulire un sedile. Due amici sono rimasti in macchina, e non fanno una piega. Devono essere così fatti che non gliene importa niente, né della macchina, né della ragazza.
Quando mi avvicino a lei, vedo che tenta di ricomporsi: ai suoi occhi sono un vecchio che l’ha sorpresa ubriaca. Ci metto un po’ a convincerla che non chiamerò i suoi genitori, che mi preoccupo solo di sapere come sta. Fa uno sforzo, e si riprende, in effetti: non è in coma come mi era sembrata. È solo una ragazzina che ha fatto la grande e si è presa una sbronza che ricorderà. Gli altri, i maschi, intanto si occupano dei sedili…