In trent’anni che abito qui è la prima volta.
Verso l’ora di cena nel cortile dello stabile accanto si prepara una grande tavolata: qualche sedia pieghevole, qualcun’altra portata giù dalle cucine dei partecipanti, una vistosa tovaglia di plastica, piatti altrettanto di plastica. Le più attive sembrano due donne giovani: una velata e coperta dalla testa ai piedi, l’altra sbracciata in un corto abitino leggero. Intorno, diversi bambini.
Poi arrivano degli uomini, altre donne, altri bambini.
Sulla tavola ci sono delle bottiglie di vino, dell’acqua, delle bibite. Compaiono una grossa pizza casalinga, delle vaschette con delle salse, pane, torte, vivande varie.
Si siedono. Non si può non notare che una donna meno giovane, con un velo rosa sul capo, si siede a un estremo della tavola, mentre altre donne sbracciate all’estremo opposto. In mezzo, confusi gli uni agli altri, i giovani.
Le due donne che immagino organizzatrici della serata vengono e vanno lungo la tavolata, portano assaggi, vaschette di cibo. Mentre la sera avanza si accendono dei lumini e si crea un’atmosfera curiosamente intima in una tavolata collocata tra alti stabili di città. Vedo che non sono il solo ad affacciarmi dai palazzi vicini per seguire questa inusitata cena multietnica.
I commensali chiacchierano sottovoce, si sente qualche risata, il tutto sotto gli occhi incuriositi di un intero isolato.
Col tempo i bambini vengono messi a letto, ma la tavolata non si scioglie, se non a mezzanotte in punto: come a un segnale vedi che ciascuno prende le proprie cose per riportarle su, a casa; ci si scambiano gli avanzi insieme ai saluti.
Incuriosito, a un certo punto faccio il giro dell’isolato per vedere la scena da vicino, e magari per chiedere quale sia l’occasione di questo incontro. Ma il portone, ovviamente data l’ora, è chiuso. Si sentono dietro voci e lingue diverse intrecciarsi nella calura.
Ho pensato che in fondo non è così importante sapere se a quella tavola si stesse festeggiando la fine della scuola o un compleanno importante: di certo quella cena esprimeva curiosità reciproca, disponibilità, amicizia.
Viene da sorridere a pensare alla recente campagna della destra, e ai truculenti manifesti che paventavano il pericolo dell’islamizzazione, di “zingaropoli”. La Lega e il Pdl, accreditati di una formidabile capacità di ascoltare gli umori popolari, a furia di sbraitare hanno finito per sentire solo le proprie urla. L’allegro chiacchiericcio di questi miei vicini di casa non giunge certo fino alle loro orecchie. Eppure segna, con la forza di un piccolo episodio banale, il cambiamento che questa città ormai non solo attende, ma si organizza per realizzare.